epa05682800 Russian President Vladimir Putin (C), Foreign Minister Sergei Lavrov (L) director of the Foreign Intelligence Service (SVR) Sergei Naryshkin (R) and Alexander Bortnikov (2nd-R) director of the Federal Security Service (FSB), during a meeting at the Kremlin in Moscow, Russia, 19 December 2016. Russia's ambassador to Turkey, Andrey Karlov, has been shot at an art exhibition in the Turkish capital of Ankara. Karlov has died of his wounds after the attack, Russia's Ministry of Foreign Affairs confirmed. EPA/ALEXEI DRUZHININ/SPUTNIK/KREMLIN POOL MANDATORY CREDIT

Attentato ad Ankara
Oggi il summit
tra Russia, Turchia e Iran

L'attacco punta a compromettere
le relazioni tra Putin e Erdogan

Il gesto di Mevlut Mert Altintas, poliziotto di 22 anni che ieri ha ucciso a colpi di pistola l’ambasciatore russo in Turchia, Andrej Karlov, mirava con ogni probabilità a compromettere le fresche (e sorprendenti) relazioni tra Russia e Turchia. Inducono a pensarlo il luogo e il tempismo dell’attentato. Il diplomatico stava parlando ad una mostra dal titolo significativo: “La Russia vista dai turchi”. L’evento inoltre si è tenuto alla vigilia dell’incontro tra i ministri degli esteri e della difesa di Russia, Turchia e Iran. Un tavolo diplomatico e militare ospitato a Mosca, dove si cercheranno soluzioni congiunte per la Siria.

Se il fine era far saltare l’incontro ed alimentare una nuova crisi diplomatica tra Putin ed Erdogan, dopo l’abbattimento del caccia russo ad opera dell’aviazione turca il 24 novembre 2015, questo obiettivo sembra essere fallito. Non solo oggi il summit si terrà, ma le reazioni dei rispettivi governi troncano di netto ogni speculazione. Erdogan, dopo l’attentato, si è affrettato a telefonare a Putin ed il ministero degli esteri turco ha chiarito: «Non permetteremo che questo attacco oscuri l’amicizia tra Turchia e Russia». Putin, dal canto suo, ha definito l’attentato «una provocazione» contro i rapporti tra i due Paesi e «il processo di pace in Siria promosso da Russia, Turchia, Iran e altri Paesi».

E non c’è dubbio che la Siria sia centrale per decifrare questo quadro complicato. L’attentatore, dopo aver freddato Karlov, ha urlato «Non dimenticate Aleppo. Non dimenticate la Siria», ed ancora: «Noi moriamo ad Aleppo tu qui», «Allahu Akbar», ovvero Dio è il più grande. Altintas si era introdotto alla mostra utilizzando il suo tesserino da poliziotto, ma non era in servizio. Il look lasciava intendere che fosse una guardia del corpo posizionata, immobile, dietro il diplomatico russo.

Poche ore dopo l’attentato e la morte dello stesso attentatore, ucciso dalla polizia, hanno preso corpo le prime ipotesi circa la matrice. Oltre all’immancabile Fetullah Gulen, che l’establishment di Erdogan vede dietro ogni disgrazia che accade in Turchia, fonti citate dall’agenzia Interfax hanno indicato Altintas come appartenente al gruppo Fateh al-Sham, ossia gli ex qaedisti di al Nusra, che ad Aleppo hanno ceduto il passo all’avanzata delle forze del regime.

La Siria è centrale proprio perché Russia e Turchia, fino a qualche tempo fa, perseguivano obiettivi molto diversi. Putin ha da sempre sostenuto il governo siriano, mentre Erdogan ha foraggiato i ribelli in funzione antigovernativa, visti i rapporti non certo idilliaci con Assad. Da qualche mese a questa parte, il sorprendente avvicinamento tra il Sultano e lo Zar, sembra dimostrare che ad Erdogan prema sempre di più la questione dei curdi, che non le sorti del regime di Damasco.

Marco Assab

Nasce a Siracusa nel 1988. Si diploma in recitazione e dizione all’Accademia del cinema e della televisione di Cinecittà nel 2008. Consegue la laurea triennale in Scienze della comunicazione nel 2012 e quella magistrale in editoria e giornalismo nel 2014. Ha svolto un anno di Servizio Civile. Gestisce un canale Youtube e le relative pagine social.