Brexit, si apre la partitadella procedura di uscita Juncker: "Non siamo ingenui"

Si discute sui soldi che Londra deve alla UE. Per Bruxelles sono 60 mld

«Saremo disponibili ad ascoltare le ragioni dell’altra parte, ma senza essere ingenui». Jean-Claude Juncker non ci sta a passare per debole nei negoziati con la Gran Bretagna sulla Brexit. Quello che più preoccupa il presidente della Commissione Europea sono i cosidetti «unknown unknows», le cose «che non sappiamo di non sapere». Ovvero i possibili sviluppi della trattativa, ancora poco chiari.

Cosa cambia. I temi di discussione sono invece palesi. Prima di tutto c’è il conto in uscita da pagare. L’Unione l’ha stimato in 60 miliardi, che poi sarebbero gli impegni già presi da Londra e messi a bilancio da Bruxelles. In Gran Bretagna c’è chi ha preso la decisione con un misto di incredulità e scetticismo. Dura la Camera dei Lord, che in un rapporto ha dichiarato che lo Stato non è tenuto a pagare nulla. E il ministro per la Brexit Davis ha sostenuto che la cifra non passerà inosservata.

I diritti degli europei. Poi ci sono i tre milioni di cittadini europei che vivono nel Regno Unito. I loro diritti acquisiti saranno garantiti. Sul tetto da mettere agli arrivi Downing Street si è mostrata flessibile. È possibile però che ci siano dei limiti in base alle necessità economiche.

I tempi. Oltre alle questioni prettamente finanziarie, un’altra partita si gioca anche sulla durata delle negoziazioni. L’ Ue vorrebbe separare i procedimenti in due tronconi: prima il resto della Gran Bretagna, poi l’Inghilterra vera e propria. Londra invece intenderebbe andare avanti parallelamente, in modo da avere un quadro preciso di tutto il fronte delle trattative.

Le istituzioni. Un punto su cui i vertici di governo europeo non intendono retrocedere è la tutela dei diritti delle persone. La pensano allo stesso modo Juncker, Antonio Tajani (presidente dell’Europarlamento) e il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk. Come hanno dichiarato ieri alla stampa, la Gran Bretagna resterà membro fino alla fine dei trattati, per altri due anni. Il che significa anche il rispetto delle istituzioni e del divieto di stringere accordi con singoli stati dell’Unione.

Fabio Simonelli

Nato a Varese il 5/10/1993, ha frequentato il liceo classico ed è laureato in lettere moderne all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Parla correttamente quattro lingue, e nel 2016 ha completato la sua formazione con un’esperienza all’estero alla UBA (Universidad de Buenos Aires).