Calcio e diritti tv, ecco la rivoluzione in arrivo

I prossimi mesi saranno decisivi per delineare il futuro del calcio italiano. Dovranno essere definiti, infatti, i bandi per l’assegnazione dei diritti tv di Serie A e Coppa Italia per il triennio 2018-2021, oltre a quelli della Champions e dell’Europa League. Le società restano spettatrici interessate, visto che i loro maggiori ricavi derivano proprio dagli introiti televisivi.

Per quanto riguarda il bando della Serie A, da Infront – l’advisor della Lega per i diritti tv – ci fanno sapere che bisognerà prima trovare un accordo con l’Antitrust, dopo che quest’ultimo ha bocciato le linee guida della Lega Calcio a causa della scarsa chiarezza nella composizione dei pacchetti. Probabilmente – dice Infront – si dovrà aspettare settembre.

Nonostante questo clima di apparente stallo, la sensazione è che si potrebbe delineare uno scenario innovativo, non più caratterizzato dal duopolio Sky-Mediaset. Nuovi operatori potrebbero decidere di investire nel calcio: dal gruppo Discovery a Urbano Cairo – interessato alla Coppa Italia per la sua La7 – passando per la Rai che starebbe puntando alla trasmissione in chiaro della Champions.

Non appare più intenzionata a svenarsi per i diritti del calcio, invece, Mediaset. La Coppa dei Campioni in esclusiva sulla pay-tv Premium nel triennio 2015-2018 è costata al Biscione circa 700 milioni di euro: un esborso ingente che, a conti fatti, non ha portato ai risultati sperati. Il bilancio dell’ultimo trimestre del 2016 segna infatti un rosso di ben 116 milioni di euro, in gran parte dovuto ai disastrati conti della pay-tv.

Lo scontro Mediaset-Vivendi. L’azzardo fatto con la Champions aveva però un preciso obiettivo: rendere Premium appetibile agli occhi di eventuali acquirenti, cedendo così ad altri la gestione di un affare in costante perdita. E un compratore quelli di Mediaset l’avevano anche trovato: l’8 aprile dello scorso anno, infatti, l’azienda di Berlusconi ha annunciato la definizione di un accordo con i francesi di Vivendi che prevedeva lo scambio tra le due società del 3,5% del capitale, oltre alla cessione del 100% di Premium a Vivendi. Dopo aver analizzato i conti della pay-tv, però, l’azienda di Vincent Bolloré si è tirata indietro. La reazione di Mediaset è stata netta: ad agosto Vivendi viene citata in Tribunale, con lo scopo di ottenere l’esecuzione coattiva dell’accordo e un risarcimento danni da oltre un miliardo. A dicembre, poi, un nuovo colpo di scena: Vivendi, infatti, ha iniziato a rastrellare in Borsa le azioni del Biscione, portandosi rapidamente al 28,8%, appena sotto la quota del 30% oltre la quale Bolloré avrebbe dovuto lanciare per legge un’Opa. Una mossa che ha dimostrato come il magnate bretone puntasse non tanto a Premium, ma alla casa-madre Mediaset. A febbraio, infine, la Procura di Milano ha iscritto Bolloré sul registro degli indagati per aggiotaggio, dopo l’esposto presentato dal gruppo di Cologno.

L’ipotesi di vendita a Sky. Sfumato l’accordo con Vivendi, nelle ultime settimane ha preso corpo l’ipotesi di un interessamento da parte di Sky: «Non è facile fare pronostici. Mediaset nega la volontà di vendere a Murdoch, che dal canto suo punta a riavere i diritti della Champions. Un’eventuale cessione dovrà però essere concordata con Vivendi, divenuta azionista di minoranza», commenta Aldo Fontanarosa, giornalista economico di Repubblica che si occupa di media. Sulla possibile fusione Sky-Premium, un redattore di TgCom24, Andrea Saronni, ci ha rivelato che «nelle ultime comunicazioni aziendali i vertici di Cologno smentiscono le voci riguardanti la trattativa con Sky». Inoltre Massimo Corcione, per anni direttore di Sky Sport, ci ha risposto che – a quanto ne sa lui – «non c’è nulla di ufficiale».

L’intervista ad Andrea Saronni, giornalista di TgCom24

 

L’intervista a Massimo Corcione, ex direttore di Sky Sport

 

Il peso dei diritti tv. L’ipotesi che Premium possa smettere di investire nel calcio desta seria preoccupazione tra le squadre italiane. I milioni versati dalle televisioni sono infatti fondamentali per tenere in piedi l’industria del pallone. Basti pensare che solo nella scorsa stagione la Serie A ha incassato ben 924,3 milioni di euro derivanti dai diritti tv. Questa torta viene poi suddivisa per un 40% in parti uguali tra tutte le squadre, per un 30% in base ai singoli bacini d’utenza, mentre il restante 30% è legato ai risultati sportivi.

La Lega di Serie A non comunica ufficialmente la somma incassata da ogni club. Ci si deve limitare, quindi, a fare delle simulazioni. Secondo un’elaborazione della Gazzetta dello Sport, la Juventus avrebbe guadagnato per la stagione passata oltre 103 milioni dalle tv, dovuti soprattutto all’ampio bacino di tifosi. Secondo il Milan con 80,3 milioni, terza l’Inter che incassa 78 milioni. Alle piccole restano quasi le briciole: Carpi e Frosinone, ultime in classifica, si son dovute accontentare di 22 milioni.

Una revisione del sistema dei diritti tv sarebbe dunque necessaria, per garantire da un lato la capacità di investimento dei grandi club, dall’altra la competitività delle medio-piccole, come avviene per esempio in Germania o Inghilterra. Si dovrebbe puntare inoltre a «incassare di più dalla vendita dei diritti del nostro calcio all’estero», sottolinea Saronni. Ma una profonda riforma non è affatto facile, visto quanto «è conservatore il calcio italiano», ricorda Corcione.