Marco Cappato, imputato per aiuto al suicidio per la morte di Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, in aula a Palazzo di Giiustizia, 14 febbraio 2018. E' prevista nel pomeriggio "non prima delle 14.30", come ha chiarito il giudice Ilio Mannucci Pacini, la decisione della Corte d'Assise di Milano nel processo a carico dell'esponente dei Radicali ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

Dj Fabo, oggi la sentenzala Corte deciderà su CappatoTre i possibili verdetti

Il radicale: "Serve legge su eutanasia" In aula anche la fidanzata di Fabo

Mancano poche ore alla sentenza che porrà (forse) fine alla vicenda sulla morte di Dj Fabo, il 40enne milanese, diventato cieco e tetraplegico dopo un grave incidente d’auto e che nel febbraio del 2017 aveva deciso di mettere fine alle sue sofferenze in una clinica svizzera.

Quella che prenderà oggi la Corte d’Assise di Milano sarà una decisione destinata a fare la storia sul tema del “fine vita”, argomento molto dibattuto negli ultimi anni e che ha visto una prima risposta dal mondo politico con l’approvazione della legge sul biotestamento.

Sul banco degli imputati, oggi pomeriggio, ci sarà Marco Cappato. L’esponente dei Radicali e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni è accusato del reato di aiuto al suicidio per la morte di Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo.

La sentenza arriverà nel pomeriggio, “non prima delle 14.30”, come ha comunicato il presidente della Corte d’Assise, Ilio Mannucci Pacini, prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio. Nell’aula, oltre al leader radicale, assistito dai legali Massimo Rossi e Francesco Di Paola, è presente, come a tutte le udienze, la fidanzata di Dj Fabo, Valeria Imbrogno.

Tre i possibili verdetti: una sentenza di assoluzione, come ha chiesto la stessa Procura, oppure una condanna o la trasmissione degli atti alla Consulta per valutare la legittimità costituzionale del reato contestato.

Intanto, Marco Cappato, in attesa della sentenza, continua a portare avanti la sua battaglia sul “fine vita”. “È necessaria una legge sull’eutanasia che abbiamo proposto sul modello olandese, che richiede tre requisiti: una malattia irreversibile, una sofferenza insopportabile, e controlli medici stringenti. Disciplinare l’eutanasia aiuterebbe chi ha diritto a porre fine alla propria vita, ma anche chi può essere aiutato a vivere e invece rischia di affidarsi a mani sbagliate”, ha affermato l’esponente radicale in un’intervista al Fatto Quotidiano. “Abbiamo chiesto un’assoluzione basata sul principio che Fabo aveva il diritto di scegliere di morire. E come morire. Sarebbe – sottolinea – una pronuncia storica. Aprirebbe la strada per non andare più in Svizzera”.

Quella di oggi dunque potrà essere una sentenza storica che potrebbe creare un precedente giurisprudenziale, perché aprirebbe la strada all’assistenza medica a una morte volontaria senza sofferenze anche nel nostro Paese.

Le tappe della vicenda

13 giugno 2014: Fabiano Antoniani rimane coinvolto in un grave incidente stradale a seguito del quale rimane cieco e paralizzato.

19 gennaio 2017: Dj Fabo si rivolge attraverso un video-appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Da più di due anni sono bloccato a letto immerso in una notte senza fine. Vorrei poter scegliere di morire senza soffrire in Italia”. A seguito dell’appello, Marco Cappato decide di condividere la battaglia di Fabo con l’associazione Luca Coscioni, organizzazione che ha seguito decine di casi di accompagnamento in cliniche oltreconfine.

27 febbraio 2017: Alle 11 e 40, pochi secondi dopo avere morso un pulsante che ha immesso nel suo corpo un liquido letale, Fabiano Antoniani muore nella clinica svizzera Dignitas. Con lui, oltre alla madre e alla fidanzata c’è anche Marco Cappato.

28 febbraio 2017 : L’esponente dei radicali si autodenuncia ai carabinieri di Milano.

1 marzo 2017: I pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini iscrivono Cappato nel registro degli indagati. È accusato di aiuto al suicidio, reato disciplinato dall’articolo 580 del codice penale che prevede una pena fino a 12 anni di carcere per “chiunque aiuta o determina altri al suicidio ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione”.

8 maggio 2017: La Procura chiede di archiviare il caso, sostenendo che per chi è nelle condizioni di Antonini esiste il “diritto al suicidio”.

10 luglio 2017: Il gip Luigi Gargiulo dispone l’imputazione coatta per Marco Cappato. Secondo il gip, in Italia non esiste il diritto a una morte dignitosa e un giudice non può trasformarsi in legislatore introducendo nell’ordinamento un diritto inedito.

5 settembre 2017: L’esponente dei Radicali chiede di essere processato con rito immediato. La data d’inizio del processo viene fissata all’8 novembre.

17 gennaio 2018: Marco Cappato, nelle sue dichiarazioni spontanee, chiede ai giudici di essere assolto con una formula che riconosca il diritto di Fabiano, e di chi è come lui, a morire, altrimenti “preferisco che mi condanniate”. Prima delle dichiarazioni del leader dei radicali, i pm Arduini e Siciliano chiedono di dichiararlo innocente perché il fatto non sussiste o di mandare gli atti alla Consulta per valutare la costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale. Anche i legali di Cappato, Massimo Rossi e Francesco Di Paola, chiedono l’assoluzione per insussistenza del fatto.