Il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, ospite del programma di La7 "diMartedì", condotto da Giovanni Floris, Roma, 07 novembre 2017. ANSA/ETTORE FERRARI

Renzi e la crisi del PdTognon a Lumsanews: "Il problema è il progetto"

L'ex sottosegretario di Prodi analizza le prospettive dei dem e del loro leader

«Il PD ha perso la capacità di aggregare e ciò è dovuto alla mancanza di saggezza politica di Renzi». Non usa mezze parole Giuseppe Tognon, politologo oltre che docente Lumsa ed ex sottosegretario alla ricerca scientifica e tecnologica nel primo governo Prodi, per descrivere la sconfitta dem in Sicilia.

La base democratica sembra aver perso fiducia in Renzi. Alle elezioni sarà ancora lui il candidato premier?

«Per recuperare una coalizione Renzi sarà costretto a mettere sul piatto anche la sua candidatura a Palazzo Chigi. Non è chiaro se farà un passo indietro, ma se lo facesse il Pd potrebbe pensare di non arrivare terzo alle elezioni. Se invece Renzi resisterà nella sua ostinazione di leader indiscutibile del partito, il PD dovrà essere necessariamente rifondato dopo le politiche»

Per non perdere, il Pd dovrebbe recuperare il rapporto con i bersaniani?

«La legge elettorale favorisce le coalizioni anche dopo le elezioni. Non credo ci sia la possibilità di crearle prima viste le resistenze e le miopie di molti protagonisti, non solo di Renzi. Il problema non è Renzi sì o Renzi no, il problema è il progetto politico che si vuole sviluppare dopo il voto»

In questo scenario post elettorale, quali potrebbero essere i ruoli di Mdp e Campo Progressista di Pisapia?

«Mdp dovrebbe accettare di entrare in coalizione, ma non credo lo farà. Certo, come insegnano le regionali siciliane, senza alleanza non raggiungerà un grande risultato. Pisapia appare debole, perché ripropone un grande progetto di centro-sinistra in un paese dove il bipolarismo non esiste più. Mdp e Pisapia insieme arriverebbero al 10%, e se anche per assurdo si riunissero al Pd non basterebbe».

In questi giorni si è parlato di Minniti come figura unificante delle sinistra. Può essere un buon nome?

«L’idea che il Ministro degli Interni, che pare essere stato l’unico ad aver fermato la falsa invasione migratoria, debba diventare il candidato della sinistra significherebbe concedere troppo ai populisti che pensano che il problema principale del paese siano i migranti»

E Gentiloni?

«Gentiloni si è dimostrato, per stile di governo e tono, capace di mantenere una continuità di linea e di garantire stabilità all’Italia. Senz’altro potrebbe essere il premier di una coalizione post elettorale ma è sciocco per il Pd bruciare candidati premier quando c’è il rischio di arrivare dietro alla destra e ai cinque stelle».

Fabio Simonelli

Nato a Varese il 5/10/1993, ha frequentato il liceo classico ed è laureato in lettere moderne all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Parla correttamente quattro lingue, e nel 2016 ha completato la sua formazione con un’esperienza all’estero alla UBA (Universidad de Buenos Aires).