Marzo ’77, i quarant’anni di una mezza rivoluzione

di Nancy Calarco, Giulia Turco e Luisa Urbani

Sono passati 40 anni, ma ancora il ’77 resta un concetto complesso da definire, tra pretese di rivoluzione e tragico epilogo di sangue. Corrisponde contemporaneamente alla creatività, all’esplosione di nuove forme d’arte, ma anche alle pulsioni violente che hanno scosso l’Italia. Un momento in cui le spinte rivoluzionarie post-68 sono esplose, attraversando il mondo studentesco e incrociando componenti artistiche.

In quegli anni si sviluppano movimenti soprattutto nella sinistra extraparlamentare al confine con la legalità come Lotta Continua, sciolta nel 76, ma di fatto in vita fino agli ultimi anni ‘70 grazie ai numerosi collettivi studenteschi legati all’omonimo quotidiano. In altri casi si trattava di organizzazioni dal carattere apertamente insurrezionale, come Autonomia Operaia, o addirittura terroristiche come le Brigate Rosse, che operavano fin dai primi anni del decennio.

Accanto all’anima di contrapposizione puramente politica “dura e pura”, si sviluppano anche esperienze creative, rappresentate nei cortei da contestatori “situazionisti” e nonviolenti come gli Indiani Metropolitani e nel campo giornalistico e grafico, oltre a giornali e riviste di riflessione, dalla rivista satirica Il Male, fondata da Pino Zac. Va inoltre ricordata la rivista di cultura alternativa e fumetto Frigidaire di Vincenzo Sparagna che farà conoscere la matita corrosiva di Andrea Pazienza. Molta la “musica ribelle”, dal titolo di un celebre brano di Eugenio Finardi, ma vanno ricordati autori come i bolognesi Claudio Lolli, forse il cantautore simbolo del ’77, e gli Skiantos, gruppo di rock demenziale.

Le richieste degli studenti spaziavano da questioni legate all’istruzione, alla denuncia di un sistema “baronale” d’insegnamento, dai prezzi alti per un posto letto nelle città universitarie fino alle proteste contro la permanenza dell’Italia nella Nato. I giovani dialogavano e litigavano grazie anche al tam tam delle primissime radio libere, nate proprio in quegli anni, come ci racconta il giornalista Maurizio Torrealta, tra i fondatori di Radio Alice di Bologna.

Radio Alice

“Decidemmo di aprire il microfono a chiunque e di trasformare la radio in strumento di produzione culturale attraverso l’organizzazione di concerti e di raduni giovanili. La radio venne chiusa dalla polizia, dopo l’irruzione nella sede, avvenuta la sera del 12 marzo 1977, quando furono arrestati tutti coloro che in quel momento erano presenti con l’accusa, poi rilevatasi infondata, di avere diretto via etere i violenti scontri all’indomani dell’uccisione dello studente Francesco Lorusso.”

(L’audio originale dell’irruzione della Polizia a Radio Alice. I ragazzi della redazione lasciarono i microfoni aperti registrando questo drammatico documento.)

Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua e studente di medicina dell’Università di Bologna, fu ucciso l’11 marzo del ‘77 . L’episodio avvenne durante una manifestazione del movimento studentesco per contestare l’assemblea indetta dal movimento cattolico Comunione e Liberazione. In serata, al termine di scontri andati avanti per tutta la giornata, un colpo di pistola da parte del carabiniere Massimo Tramontani ferì a morte il giovane 25enne.

Alle manifestazioni successive di protesta parteciparono migliaia di giovani. Tra questi anche Benito Fusco, amico di Francesco Lorusso divenuto poi frate della comunità dell’Eremo di Ronzano. Fusco, oltre a essere stato protagonista di quella giornata di scontri sentì il dovere morale nel 2007 di fare incontrare, come segno di pacificazione, la famiglia Lorusso con quella del carabiniere Tramontani.

“C’è stato un abbraccio molto lungo dopo trent´anni e sei giorni. Un gesto di riconciliazione – spiega oggi Fusco – Tramontani ha dichiarato di aver obbedito a ordini, era un ragazzo di vent’anni anche lui… Mai era intervenuta la polizia con quelle modalità. Quello che è successo quell’11 marzo è stato un evento fuori dall’ordinario”.

Via Zamboni Bologna 11 marzo 1977
Manifestazione femminista nel 1977
Manifestazione a Bologna il 12 marzo 1977
Radio alice
Indiani Metropolitani
AndreaPazienza
Settembre 1977 Convegno Bologna Movimento Studentesco
Via Zamboni (Bologna) durante gli scontri dell' 11 marzo

Un testimone importante di quell’epoca è stato anche Mauro Zani, che come segretario della federazione bolognese del Pci rappresentava uno dei bersagli della contestazione violenta contro le istituzioni di quegli anni, in cui il Pci governava la città di Bologna. Ma è lui stesso a considerare il movimento del ’77 qualcosa di non etichettabile soltanto come violenza. “E’ stata una situazione molto più ampia della semplice violazione delle leggi – spiega – è una storia lunga ma certamente l’omicidio Lorusso ha accelerato la situazione. Radio Alice – conclude – è stata determinante per quel momento storico. Infatti l’ascoltavo anche io”.

Dunque, come rileva anche uno degli avversari politici del movimento del 1977, lacomunicazione fu un elemento essenziale delle istanze giovanili a Bologna e in tutta Italia. Come conferma Renzo Rossellini, figlio del regista maestro del Neorealismo, fondatore di Radio Città Futura di Roma.

“Nonostante le radio libere fossero accusate di propagandare violenza e terrorismo, la gente le accolse come strumento di comunicazione di massa in cui trovare il proprio spazio. Radio Città Futura in realtà era una radio pirata. Operavamo come opposizione al monopolio Rai, non c’era ancora una regolamentazione – racconta orgoglioso –. La radio era gestita per lo più dal movimento studentesco con una struttura piuttosto improvvisata. Al suo interno c’erano settori autogestiti come Radio Donna, ad esempio, che dava spazio al movimento femminista”.

Al caos di rivendicazioni, sentimenti e aspirazioni della generazione scesa in piazza nel ’77 fa da contraltare anche l’aspetto del rispetto dell’ordine costituito, per le violenze scaturite in quegli anni, come racconta l’avvocato Alessandro Gamberini, legale della famiglia di Francesco Lorusso e figura di riferimento della sinistra di quegli anni. “Non possiamo dire che tutto è iniziato con il delitto Lorusso, sarebbe contrario alla storia. L’omicidio fa solamente precipitare la situazione. Nel corteo che venne fatto quella sera stessa, poi a Roma il 12 marzo, già ci sono presenti esponenti di movimenti eversivi. A Bologna – prosegue – c’erano già stati assalti a un’armeria, ricordo le barricate a cui fu poi dato fuoco, fatte con cumuli di panche. Da li vedemmo alle cinque di mattina avanzare i blindati militari, perché questa cosa venne fermata con l’arrivo di blindati come se stesse arrivando un colpo di Stato. La vicenda – conclude – è complicata, così come un bilancio storico sul 77”.

Una risposta al significato di quell’anno ambiguo viene da un politologo come Angelo Panebianco, che per far comprendere meglio il clima di quell’epoca torna indietro al giorno in cui si tenne il comizio del segretario della Cgil Luciano Lama, all’Università di Roma. Comizio che finì in uno scontro violento tra manifestanti e forze dell’ordine. “L’episodio – spiega – ebbe un grande impatto soprattutto perché avvenne in una fase in cui il sindacato godeva di grande prestigio”.

La vicenda della cacciata di Lama dimostra come in quell’epoca era molto diffusa una forte ideologia anti istituzionale. Ideologia che – secondo Panebianco – è rimasta ancora oggi. Il ’77 ha esattamente fatto questo: ha ripreso, rilanciato e diffuso tra i più giovani la cultura anti istituzionale già presente nel paese.”