Podcast, la nuova frontiera dell’informazione

Libertà, personalizzazione e condivisione dell’ascolto. Ma anche distruzione delle unità aristoteliche di narrazione, ossia tempo e luogo. È questa l’essenza del podcast, forma di comunicazione fortemente diffusa negli Stati Uniti. E che ora sta prendendo piede anche in Italia.

IL CONCETTO. Il podcast è un servizio radio on demand, diffuso via Internet e privo di palinsesto, grazie al quale l’utente può scegliere che cosa ascoltare, scaricare e archiviare quando e dove vuole. È un format originale e dai connotati narrativi, sperimentale nella forma e nel contenuto, che modifica i parametri del linguaggio e permette un ascolto personalizzato. La logica, da questo punto di vista, è simile a quella di Netflix. L’ascolto, inoltre, può avvenire attraverso smartphone, tablet, pc e lettori musicali. L’utente, per essere sempre informato sulle ultime uscite, può iscriversi al relativo feed. La parola podcast, però, spesso viene intesa esclusivamente come tecnologia che consente l’ascolto in differita e il download. In realtà, in questo caso, il termine più appropriato è “podcasting”.

LA STORIA. Nel 2004, negli Usa, Adam Curry (vj di Mtv) e David Winer, sviluppatore di software, creano il primo podcasting con sistema RSS. Invenzione subito apprezzata da Apple che, un anno dopo, nella nuova versione di Itunes include il primo lettore di podcast. Sempre nel 2004 il giornalista del Guardian, Ben Hammersley, inventa il termine “podcasting”, dall’unione di Ipod e Broadcasting. La politica americana inizia a capire il potenziale del mezzo e così George W. Bush è il primo presidente a usarlo per diffondere il proprio discorso settimanale. Nel 2014 diventa un caso mondiale, con più di 100 milioni di ascoltatori, Serial, podcast seriale ispirato a una storia di cronaca nera-giudiziaria: una giornalista segue un vero caso di omicidio, mostrando le lacune nelle indagini della polizia e dei giudici. Due anni dopo Audible (di Amazon), Spotify e Deezer realizzano le prime serie originali on demand.

Il podcast, sia chiaro, non è un sostituto della radio tradizionale, che versa comunque in buone condizioni. «Difficilmente i media si fagocitano tra di loro: più che altro si riassestano, trovando ognuno la propria nicchia» dichiara a Lumsanews Piero Polidoro, docente di Semiotica all’Università Lumsa. Così come le web radio – emittenti che trasmettono programmi per la fruizione su Internet, in Italia diffusesi anche grazie alle esperienze universitarie – il podcast è una forma di comunicazione complementare alla radio “popolare”.

 

 

I NUMERI. Dal 2006 – anno a cui risalgono i primi rilevamenti di Edison Research, The Infinite Dial e Triton Digital – al 2017, è stata registrata una crescita del 29% per quanto riguarda l’ascolto dei podcast. Lo studio è stato condotto su un campione di 112 milioni di persone statunitensi, di età superiore ai 12 anni. Il 56% degli ascoltatori è di sesso maschile, il 44% femminile. L’81% ascolta podcast via smartphone, tablet e dispositivi mobili, mentre solo il 19% tramite computer. Dalla ricerca si evince anche che il tipo di impiego condiziona l’ascolto: a dedicare più tempo sono coloro che hanno un lavoro a tempo pieno (49%) e i pensionati (21%), seguiti dagli occupati part-time (11%), casalinghe e studenti maggiorenni (entrambi al 6%) e infine i disoccupati al 5%.

La pubblicità, comunque, non resta indifferente di fronte a queste cifre: Iab Usa ha stimato che gli investimenti dedicati ai podcast, negli Stati Uniti quest’anno, varranno 300 milioni di dollari. Del resto, tra il 2015 e il 2016, è stato registrato un aumento del 228% dei fondi nel settore. Secondo le statistiche, la pubblicità è molto efficace durante l’ascolto dei podcast, poiché gli utenti prestano attenzione a ciò che ascoltano.

 

LE TESTATE. In Italia, i giornali hanno iniziato a notare la forza di questa nuova forma di comunicazione. Per raggiungere un equilibrio nell’editoria digitale e salvare il giornalismo, il podcast rappresenta per le aziende uno strumento innovativo in termini di entrate. E così il primo grande quotidiano a lanciarsi nella sperimentazione, e precisamente nell’ottobre 2017, è stata la Repubblica: Veleno – docu-serie da ascoltare in 7 puntate e che prende spunto dall’americano Serial – è un’inchiesta su un fatto di cronaca nera, pedofilia e satanismo, accaduto vent’anni fa nel Modenese. «Ci siamo imbattuti in questa storia che aveva tutti gli ingredienti per essere considerata straordinaria: dal falso ricordo alla psicosi di massa» commenta a Lumsanews Pablo Trincia, tra gli autori del podcast. Audio d’epoca, video originali, foto, mappe e documenti arricchiscono il racconto, realizzati dal Visual Desk e dal Visual Lab del quotidiano.

Risale allo scorso febbraio, invece, il progetto ideato da La Stampa. PodLast, è questo il nome del podcast, è composto da 10 episodi, pubblicati una o due volte al dì, per 6 giorni a settimana. Sui modelli del New York Times e del Guardian, il podcast «è una sorta di colloquio con il pubblico, costruito dalle forze interne della redazione su diverse tematiche» sottolinea Maria Corbi, giornalista della testata, a Lumsanews. E in effetti, si passa dai libri (“Amicus Plato”) alle questioni estere, dalla tecnologia alla politica italiana (Pol-Pop) fino all’educazione e alla cronaca (NarraVita). Poche settimane dopo anche Il Post ha varcato la frontiera del podcast. È nato così Postcast, con un’uscita settimanale il venerdì. Gli argomenti trattati sono «due o tre storie nelle quali alla base c’è una notizia, ma recuperiamo materiale anche dal nostro sito, approfondendolo con interviste» sostiene Francesco Costa, vicedirettore del sito d’informazione.

ALTRE REALTÀ. Prima dell’interesse dei giornali, i podcast avevano già trovato un piccolo spazio nel Paese. Oltre alle riproposizioni sulla rete delle trasmissioni radiofoniche, da tempo ne esistono alcuni quali Senza Rossetto, Risciò, Fantascientificast, Pilota, Scientificast e Ricciotto: ovvero sui diritti delle donne, politica estera, fantascienza, serie tv, scienza e cinema. Tuttavia, in Italia non esistono modelli prettamente politici: negli Usa ogni congressman ne ha uno. Il podcast, dunque, viene usato anche come mezzo per aumentare il consenso.