Il 55% degli italiani pensa che il razzismo possa essere giustificato e il 65% dichiara la propria chiusura verso i migranti. È quanto emerge dall’indagine di Swg “Nella società del rischio le paure emergenti”, che viene presentata oggi nel quarto congresso di Legacoopsociali, a Roma. Alla domanda se determinate forme di razzismo e discriminazione possano essere giustificate, solo il 45% risponde “no, mai”. Per il 29% “dipende dalle situazioni”; il 16% risponde “solo in pochi casi specifici”; il 7% “nella maggior parte dei casi” e il 3% “sempre”.
Sui flussi di migranti, il 36% ritiene che si debba accogliere soltanto chi scappa dalla guerra e respingere chi arriva perché è povero, contro il 29% che vorrebbe respingerne il più possibile e il 23% che ne accoglierebbe molti. In calo la fiducia verso le ong: il 43% ne ha poca; il 28% non ne ha per niente. Se si occupano di immigrati, la fiducia scende di altri 4 punti.
Tra le varie nazionalità ed etnie, indiani e bengalesi risultano i più simpatici, rom e sinti i più antipatici. Come vicini di casa, i più “accettabili” risultano ebrei, omosessuali e poveri. Rom, tossicodipendenti, musulmani e immigrati extra Ue i meno desiderati.
La ricerca indaga anche sul “sentiment” sociale degli italiani. In base a reddito e condizioni di vita, il 61% si colloca nei ceti medio-bassi della società e il 41% ritiene che la sua condizione sia peggiorata. Per l’8% è migliorata. Per il 43% è rimasta la stessa. Il 68% degli italiani si sente “escluso” rispetto al contesto sociale ed economico.
L’86% si dice favorevole a un cambiamento, ma su “come” cambiare, il 41% pensa serva una rivoluzione, il 49% ritiene più opportuna la strada delle riforme. Sorprende che un italiano su quattro pensi che ci vorrebbe “una dittatura di 4-5 anni per ripulire a fondo il paese” contro un 66% che chiede “un parlamento e un governo determinati a fare interventi radicali e progressivi entro 10 anni”.