Referendum: un milione
di cittadini fuori sede
rischiano di non votare

Se sei studente o lavoratore fuori sede voti a casa tua.  È forse l’unica certezza della battaglia referendaria tra le forze politiche del Sì e del  No per il 4 dicembre. Ancora una volta quasi un milione di italiani fuori sede non potranno contare su una legge di mobilità, che garantisce il diritto di voto a tutti.

Un piccolo aiuto arriva dalle compagnie di viaggio. Alitalia offre al cittadino uno  sconto di 40 euro  sul prezzo del biglietto di andata e ritorno, presentando la propria tessera elettorale al check-in e all’imbarco. Più vantaggiosa la tariffa di Trenitalia: sconto del 70% sul prezzo base del biglietto e del 60% per i treni regionali. Soluzioni che però, non sono sempre vantaggiose, sia per le spese che per il tempo necessario per recarsi alle urne.

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Lo scenario in questione torna ormai a ogni appuntamento elettorale. Eppure il terzo articolo della Costituzione garantisce “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’’.  Ma, in effetti, siamo ben lontani da questo risultato. Lo sa bene il comitato ‘’Io voto fuori sede’’, che dal 2008 lotta per garantire ai cittadini in mobilità il diritto di voto, attraverso una legge elettorale. «In Italia abbiamo riscontrato l’incapacità di concretizzare l’azione legislativa in questo campo», dichiara Stefano La Barbera, presidente del comitato ‘’Io voto fuori sede’’, «più volte siamo arrivati in Parlamento e cominciato l’iter legislativo, che poi purtroppo si è bloccato. Non mancano le proposte da parte dei partiti (Idv,PD, Scelta Civica). Ma la legge  non arriva per i contrasti tra Senato e Camera. Alla fine dobbiamo parlare con persone diverse e ricominciare da capo».

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Le proposte di legge su questo argomento sono tante, ma rischiano di rimanere tali. Come quella del senatore Francesco Pardi (Idv), che propose nel 2012 un ddl. Sono passati quattro anni, ma la proposta è ancora ai lavori. «Il sistema pensa  che i cittadini fuori sede votino in generale più per l’opposizione che per il governo. Questo giustificherebbe il disinteresse del governo, che è mascherato dall’incapacità del Parlamento di decidere» dichiara Pardi.

«È l’atteggiamento autoreferenziale di una politica che punta solo a farsi dare un potere e non rispetta il mandato» commenta Giovanni Endrizzi, senatore M5s e membro della commissione per gli Affari costituzionali. Il senatore ha proposto a luglio un nuovo ddl. «I  fuori sede potranno votare nel seggio dove si trovano facendo pervenire una richiesta al comune di residenza» dichiara Endrizzi «avranno così la possibilità di votare senza alcun costo, se non quello di una comunicazione».

Il comitato ‘’Io voto fuori sede’’ propone invece il voto anticipato sulla base del modello danese. «La Danimarca ha la stessa divisione in circoscrizioni dell’Italia e quindi esistono gli stessi problemi per i cittadini in mobilità». La persona voterà previa richiesta nella prefettura dove lavora o studia. Il voto avverrà quindici giorni prima dalla data ufficiale. «È un voto presidiato non a distanza come quello all’estero» spiega il presidente «Dopodiché la prefettura raccoglie i voti e le invia con buste sigillate ai seggi di residenza, che verranno poi  scrutinati insieme a tutti gli altri».

Secondo La Barbera anche questa proposta rischia di passare inosservata. «Essendo un tema di diritti civili non porta voti a nessuno. I fuori sede non sono connotati con un indirizzo politico, quindi, chi fa questa legge non ha un ritorno di voti».

Tuttavia una ‘’soluzione’’ permetterà ad alcuni cittadini di votare fuori sede. Ed è qui che si parla della seconda strada che porta alle urne: l’iscrizione come rappresentanti di lista. In realtà la possibilità esiste solo per i referendum. In occasione del 4 dicembre, infatti, l’Italia diventa a seggio unico e il cittadino può farsi delegare in un altro seggio, che non sia quello di residenza. In questo caso il PD e il comitato per il No hanno dato il via libera per mettere a disposizione un numero limitato di delegati. Il cittadino potrà fare richiesta compilando un modulo online.

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L’iscrizione ai comitati non risolve comunque il problema. Essere delegato non è un diritto del cittadino, ma una concessione del partito, che sceglie a sua discrezione chi votare. Inoltre il cittadino rischia a causa della burocrazia di sapere troppo tardi in che seggio andare. «Questa non è una soluzione, ma un escamotage» afferma La Barbera   «non è il messaggio che vogliamo veicolare, anzi è proprio l’opposto. Le persone sono costrette a farsi delegare, ma per ora è l’unico modo»

I voti persi sono soprattutto nel fronte studentesco. Sono 310.000 gli studenti attualmente iscritti in Università di regioni diverse dalla loro. Significativo è il caso dell’Emilia Romagna: la maggior parte degli studenti fuori sede risiede a Bologna, che ha quasi 500 seggi. Ogni seggio nel conteggio dei rappresentanti ammette 2 delegati di lista  per ogni quesito referendario. A conti fatti il 4 dicembre su 500 seggi voteranno solo 2.000 persone. Troppo pochi se consideriamo che gli studenti fuori sede  sono invece 58.504.