Rottura nella minoranza Pd
Renzi contro Bersani
Mentre Cuperlo dice Sì

Rabbia dem dopo il coro “fuori fuori”
E il Premier attacca i “teorici della Ditta"

Ad un mese dal Referendum costituzionale la minoranza del Pd, fin dall’inizio contraria alle ragioni del Sì, appare ancora più lontana da Renzi e spaccata anche al suo interno. Una minoranza che sembra avere sempre meno appeal e influenza sul resto del partito, mentre lo stesso premier ha in parte ricompattato una frangia dei democratici e fatto avvicinare al Sì chi prima sembrava diffidente.

L’esigua minoranza che ancora combatte per il No è stata duramente attaccata a conclusione della kermesse della Leopolda, con fischi, insulti e con il coro “fuori! fuori!”, quando il voto del 4 novembre è stato paragonato ad un “derby tra la speranza e la rabbia”. Dunque tra il nuovo e il vecchio, impersonato dai Bersani e dai D’Alema che, ha affermato Renzi nel suo discorso conclusivo a Firenze, “decretarono la fine dell’Ulivo perché non erano loro a comandare la sinistra”. Gli stessi che – ha attaccato il Premier – vogliono “la fine del Pd e usano il referendum come lo strumento per la rivincita” e sono dei “teorici della ditta”, che ragionano ancora con la “logica del distruggere l’altro”.

Non si sono fatte attendere le reazioni al discorso del Presidente del Consiglio e al comportamento della platea leopoldina. “La scissione la fa Renzi, non certo io” ha commentato Pierluigi Bersani, intervenuto questa mattina all’università di Palermo sulle ragioni del No. Un partito “che cammina su due gambe, l’arroganza e la sudditanza – ha affermato l’ex segretario Pd – non andrà da nessuna parte”. E sui cori della platea: “non commento, risparmio il fiato. Molti di noi sono già fuori”. Ha infine concluso: “nel Pd ci vuole libertà, autonomia, schiena dritta. Mi impressiona che tutti gli altri stiano zitti”.

Gli fa eco Roberto Speranza che ribadisce come il Pd, di cui è stato già capogruppo, non sia “il marchio di Renzi, perché il partito non ha nessun proprietario”. Speranza attacca inoltre il premier, che “doveva fermare” i cori oltraggiosi e non fomentare la kermesse.

Tra la minoranza dem c’è però chi ha cambiato rotta e si è avvicinato alla linea del Governo. È il caso di Gianni Cuperlo che ha firmato l’accordo sull’Italicum bis. Il politico triestino, fino a qualche anno fa seguace di D’Alema, sa di essere etichettato come incoerente da chi, tra la Sinistra, sostiene il No, ma ha affermato di “votare per il Sì, dopo aver ottenuto ciò che si chiedeva da mesi”. In particolare le modifiche che hanno portato Cuperlo a cambiare idea si riferiscono ai collegi per eleggere i deputati, al no al ballottaggio, al premio di governabilità e all’elezione diretta dei nuovi senatori.

Salvatore Tropea

Classe 1992, dopo la maturità scientifica si laurea in Scienze della Comunicazione alla Lumsa. Collabora con il mensile locale calabrese L’Eco del Chiaro; con il giornale studentesco e la WebTV della Pontificia Università Lateranense e con il portale online farodiroma.it. Attualmente frequenta il Master in Giornalismo alla Lumsa, dopo aver frequentato il Master in Digital Journalism alla Lateranese e aver svolto due mesi di stage a Radio Vaticana. Con il Master in Giornalismo della Lumsa ha svolto tre mesi di stage presso la redazione de Il Venerdì di Repubblica e attualmente sta svolgendo uno stage di tre mesi presso la redazione italiana di Vatican News