Tragedia del Moby PrinceLoris Rispoli a Lumsanews:"Domani si saprà la verità"

Atteso report finale della commissione Sperano i parenti delle vittime

Era il dieci aprile del 1991 quando il traghetto Moby Prince si schiantò contro la petroliera Agip Abruzzo, in prossimità del porto di Livorno. Quella notte persero la vita 140 persone ed ancora oggi, a distanza di quasi 27 anni, nessuno è colpevole.

Domani, però, grazie ai lavori della Commissione parlamentare, si potrebbe scoprire la tanto attesa verità. Una verità che in questi anni è stato impossibile rivelare perché, dopo quella notte, tutti avevano qualcosa da nascondere. Una serie di segreti, mai scoperti, che portarono la magistratura a chiudere il processo penale senza individuare nessun colpevole.

Sono tanti infatti i punti oscuri che ha dovuto analizzare la Commissione parlamentare d’inchiesta che, dal 2015, è a lavoro per far luce sulle cause del più grande disastro della marina italiana nel dopoguerra, e che domani renderà pubblica la relazione finale.

“Domani alle 12, finalmente, ci verrà consegnata la relazione finale della Commissione – spiega Loris Rispoli, presidente di “140” l’associazione delle vittime della tragedia – che noi parenti delle vittime ancora non abbiamo letto”.

Rispoli però, parlando con un senatore è venuto a conoscenza di alcuni punti  che verranno rivelati domani e che darebbero una svolta alle indagini mettendo alla luce le tante verità nascoste in questi anni.

“Il punto fondamentale è che c’è stato, come noi parenti delle vittime abbiamo sempre sospettato e denunciato, un accordo tra Navarma, proprietaria di Moby Prince e Snam-Agip spa, armatore della petroliera. Le due parti stipularono questo accordo in cui rinunciarono a qualunque pretesa di indennizzo reciproco anche per far sparire le parti civili dal processo” racconta Rispoli.

Ma questa dell’accordo non è l’unica verità scomoda che è venuta alla luce. “Le responsabilità che noi abbiamo additato all’AGIP sono reali perché la petroliera era ancorata dove non doveva essere, perché c’era un divieto. E la cosa più sconvolgente è che il giudice del processo, Lamberti, lo scrisse nella sentenza di primo grado, senza però punire nessuno”.

I periti chiamati dal Tribunale, inoltre, dissero subito che erano morti tutti entro mezz’ora. Ma questa è una cosa che noi e i nostri medici abbiamo sempre contestato”.

La procura di Livorno ha  aperto una nuova inchiesta che potrebbe portare, dopo 27 anni, alla verità.