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HomeSpettacoli Ninetto Davoli: “La Roma di Pasolini non c’è più. Vi spiego perché”

"Guardando il cinema di PPP
ci si rende conto
che quella Roma non c'è più"

L’attore Ninetto Davoli a Lumsanews

“Nelle borgate trovava la purezza”

di Irene Di Castelnuovo17 Ottobre 2025
17 Ottobre 2025

L'attore Ninetto Davoli | Foto Ansa

Quasi ogni giorno, la mattina presto, l’attore Ninetto Davoli va a fare colazione in un bar a Cinecittà prima di passeggiare per le strade del quartiere. Non sempre. Alle 7.20 il locale è quasi vuoto. Il proprietario, con un sorriso complice, prende il telefono e lo chiama, senza dirgli che ad attenderlo c’è una giornalista. “Sta arrivando”, assicura mentre serve i primi cornetti della giornata. Dopo un’ora, si sente da dietro il bancone: “Nine’, eccoti! Abbiamo una sorpresa per te”. Davoli capisce cosa gli sta per essere chiesto. A ridosso del 50esimo anniversario dal delitto Pasolini, in molti vogliono raccogliere la sua testimonianza. Ne è esausto, spiega al barista rimproverandolo. Con lo sguardo inizialmente contrariato, che subito si scioglie in un sorriso, si dirige verso il tavolino con una tazza di caffè latte: “Procedi con la prima domanda”.

Davoli, dove e quando ha incontrato per la prima volta Pasolini?

“Con Pier Paolo l’incontro fu casuale. Io ero in giro con i miei amici in zona Acqua Acetosa. A un certo punto, notiamo una folla di persone su una collinetta. Siamo andati a curiosare: Pasolini stava girando La ricotta con Orson Welles e Laura Betti. Mio fratello lavorava sul set come falegname e dopo avermi sgridato mi ha detto: ‘Vie’ qua ché ti presento il regista’”. 

Che impressione le fece?

“Pasolini mi guardò con aria molto gentile, mi fece una carezza in testa. Lo guardai un po’ intimidito, ma mi dette sin da subito una bella impressione. Era la stessa gentilezza che mostrava nei riguardi dei miei amici,  era una cosa tipica delle periferie. Lo sentivo come uno di noi. Dopo una piccola parte ne Il Vangelo secondo Matteo — ho fatto un po’ di fatica perché non era per me fare l’attore – venni chiamato per fare Uccellacci e uccellini con Totò”.

Com’era la Roma che lei e Pasolini avete conosciuto e quale immagine le torna alla mente di quegli anni? 

“Io ho vissuto un’infanzia meravigliosa, un’infanzia dove si poteva essere bambini. Penso continuamente al fatto che quel periodo mi sia sfuggito. Lo ricordo come fosse un sogno meraviglioso perché appartenente a un’altra epoca. Guardando il cinema di Pier Paolo, ci si rende conto che quella Roma descritta non esiste più, quel momento è finito. E tutti, un po’ come me, piangiamo quel periodo”.

Che cosa rappresentavano le borgate per Pasolini e per voi che ci vivevate? 

“Per lui era la ricerca di un mondo che non ha mai avuto. Essendo figlio di un ufficiale e di una maestra, era un borghese. Forse la vita vissuta con i genitori non era quella che desiderava. Lui era affascinato dalle borgate romane perché in quella gente trovava l’innocenza, la purezza e la semplicità”.

C’è un luogo in particolare che per lei è legato alla memoria di Pasolini?

“No, non c’è. Abbiamo girato talmente tanto io e Pier Paolo che non esiste un posto che ricordo in particolare. Sono talmente tanti i viaggi e i lavori che abbiamo fatto… era un piacere stare in qualsiasi posto”.

Pier Paolo Pasolini e Ninetto Davoli | Foto Ansa

Tornandoci oggi, cosa resta della città di Mamma Roma e Accattone? 

“Niente. Ormai quel mondo lì è finito. È finito completamente. La gente non è più quella di prima. In Accattone e Mamma Roma viene raccontato un periodo meraviglioso che non ritrovo nella realtà di oggi”. 

Se dovesse raccontare la Roma di Pasolini, da dove partirebbe?

“Partirei da una logica e ideologia che Pierpaolo aveva, cioè la semplicità, la purezza e il rapporto meraviglioso con le persone”.

Cosa possiamo imparare dal modo in cui guardava la città?

“L’unica cosa che mi rende felice e che mi piace è che oggi la maggior parte delle persone, soprattutto i giovani, riconoscono la grandezza di quest’uomo, apprezzando tutto ciò che Pier Paolo ha fatto e detto”.

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