ROMA – Essere chiamato a tutelare la privacy e poi finire per violarla. È questa l’accusa rivolta al segretario generale dell’Autorità Angelo Fanizza. Nominato appena un mese fa alla guida della macchina amministrativa, ha rassegnato le dimissioni dopo essere stato accusato di aver chiesto di monitorare email e accessi informatici dei dipendenti per individuare la “talpa” interna. A spingerlo verso questa decisione è stata l’assemblea dei lavoratori, che all’unanimità ha chiesto un cambiamento ai vertici dopo le ultime rivelazioni di Report. Secondo quanto ricostruito dalla trasmissione di Rai 3, Fanizza avrebbe sollecitato il dipartimento informatico a recuperare con urgenza la posta elettronica dei dipendenti, gli accessi vpn, le cartelle condivise e altri dati interni. Una richiesta datata 4 novembre, appena due giorni dopo la prima puntata dell’inchiesta che aveva sollevato dubbi sulla gestione dell’ente e sui rapporti tra alcuni componenti del collegio e la politica. Il dirigente della sicurezza informatica ha però giudicato l’ordine illegittimo, informando il personale e contribuendo a innescare la protesta dei lavoratori.
La difesa del collegio
Il collegio dell’Autorità ha subito preso le distanze dal segretario generale, parlando di “totale estraneità” alla comunicazione e ricordando che “l’accesso da parte del datore di lavoro ai dati personali dei dipendenti può costituire violazione della privacy”. Fanizza, magistrato del Tar Lazio e accademico, avrebbe dovuto restare in carica fino al 2027. Nessun commento ufficiale da parte sua sulle dimissioni, maturate in un clima sempre più teso.
Un’Autorità sotto pressione
La vicenda si inserisce in un quadro già critico per il Garante, finito al centro delle accuse di Report per presunte contiguità politiche e conflitti d’interesse. Nel mirino era finito Agostino Ghiglia, indicato per i rapporti con FdI, e poi il componente Scorza, legato allo studio legale E-Lex a cui si era rivolta una Asl sotto indagine. Anche il presidente Pasquale Stanzione era stato citato per i rapporti con la famiglia Sica e la Link Campus. “Quando perfino il personale interno denuncia opacità e conflitti d’interesse, la risposta dovrebbe essere un passo indietro”, afferma il capogruppo del M5S in commissione di vigilanza Rai Dario Carotenuto. Per Alleanza Verdi e Sinistra, Elisabetta Piccolotti si chiede “cosa deve ancora succedere per convincere il collegio a salvare il prestigio dell’istituzione”.


