Una foto di archivio di una coltivazione di mais transgenico nel Pinerolese (Torino). ANSA/ FRANCESCO DEL BO

Mais ogm: "Nessun rischio" I dati di Scientific Reportsdal 1996 fino al 2016

Un coltivatore friulano di mais annuncia una causa allo Stato italiano

Nessun rischio per la salute umana, animale o ambientale dal mais transgenico, ossia geneticamente modificato con geni altre specie. A indicarlo il primo studio che ha raccolto dati relativi a 21 anni di coltivazioni. Pubblicata sulla rivista Scientific Reports e coordinato dall’Italia, con l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa, la ricerca è la prima ad analizzare le ricerche condotte in pieno campo tra il 1996, anno di inizio della coltivazione del mais transgenico, e il 2016. I dati provengono da Stati Uniti, Europa, Sud America, Asia, Africa, Australia.

“Questa analisi fornisce una sintesi efficace su un problema specifico molto discusso pubblicamente”, ha rilevato la coordinatrice della ricerca, Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna. Con lei hanno lavorato Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti. Tutti gli autori rilevano che “lo studio ha riguardato esclusivamente l’elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l’interpretazione ‘politica’ dei medesimi” e ritengono che i dati appena pubblicati permettono di “trarre conclusioni univoche, aiutando ad aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante geneticamente modificate”. Dall’analisi di 11.699 dati contenuti in articoli di riviste scientifiche accreditate, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5,6% al 24,5%, aiutano a ridurre gli insetti dannosi ai raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%).

Alla notizia arrivano subito le prime reazioni. Tra cui quella di un coltivatore friulano, paladino del mais transgenico. “Dovrò fare una causa allo Stato italiano, perché attenta alla mia salute impedendomi di seminare un prodotto sano che non ha bisogno di trattamenti fitosanitari e insetticidi – afferma Giorgio Fidenato -. Sono 20 anni che lo diciamo che non ci sono problemi”. Da molti anni, l’imprenditore agricolo ha ingaggiato una vera e propria battaglia con le istituzioni procedendo anche a semine che gli sono costate svariate azioni giudiziarie. “Voglio seminare questo prodotto – aggiunge – perché voglio mangiare sano e in maniera economicamente compatibile, altro che biologico, che rappresenta una colossale montatura pubblicitaria a scopo promozionale ed è pieno di tossine”.

Intanto in Italia quasi 7 cittadini su 10 (69%) considerano gli alimenti con organismi geneticamente modificati (Ogm) meno salutari di quelli tradizionali, mentre l’81% non mangerebbe mai carne e latte proveniente da animali clonati o modificati geneticamente. L’indagine Coldiretti/Ixe’ sottolinea come i pareri dei cittadini restino fortemente diffidenti agli organismi geneticamente modificati nel piatto sia in Italia che in Europa. Lo dimostra il fatto che sono rimasti solo due Paesi, Spagna e Portogallo, a seminare ogm nel Vecchio Continente, dove si registra un ulteriore calo del 4,3% in un anno della superficie coltivata, secondo l’analisi Infogm. Nel 2017 gli ettari a transgenico sono 130.571 rispetto ai 136.338 dell’anno precedente. Anche Repubblica Ceca e Slovacchia, continua Coldiretti, hanno abbandonato la coltivazione e si sono aggiunte alla lunga lista di Paesi ‘Ogm free’ dell’Unione Europea.

Simone Alliva

Laureato all'università Lumsa di Roma in Scienze dell’informazione, comunicazione e marketing, ha iniziato la professione da giornalista pubblicista nei giornali locali della Calabria. Passando nel 2013 al settimanale “L’Espresso”, dove si è occupato di cronaca politica e diritti civili.