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Addio via Solferino. I giornalisti del Corriere in sciopero contro la vendita del palazzo

di Giulia Prosperetti13 Settembre 2013
13 Settembre 2013

Cento anni di storia svenduti per “un piatto di lenticchie”. Un affronto inaccettabile per i giornalisti del Corriere della Sera che per domani hanno annunciato un black-out dell’informazione: uno sciopero alternato tra i giornalisti della carta e quelli del sito che per un giorno causerà il silenzio dell’ammiraglia Rcs.

IMG_4260_-_Milano_-_Sede_del_Corriere_della_Sera_in_via_Solferino_-_Foto_Giovanni_Dall'Orto_20-jan_2007Una protesta indetta dal CdR del quotidiano milanese contro la decisione dell’azienda di vendere la sede storica di via Solferino 28, insieme a quella di via San Marco, al fondo statunitense Blackstone per far fronte ai debiti del gruppo, ridotti solo parzialmente dall’aumento di capitale recentemente sottoscritto dai soci.

«Ma come possono azionisti come Fiat, Mediobanca, Intesa San Paolo (il nucleo di comando della società) accettare che lo stato patrimoniale della Rcs venga saccheggiato come se il gruppo fosse alla disperazione? Che senso ha sottolineare in continuazione il valore culturale del Corriere e poi consegnare alla finanza speculativa un pezzo dell’identità storica del giornale?» si chiedono i giornalisti del Corriere in una lettera aperta ai propri lettori. E a poco è valsa la rassicurazione dell’Ad del gruppo Pietro Scott Jovane che mercoledì ha annunciato che non ci saranno traslochi, la redazione rimarrà al suo posto ma in affitto.

Una soluzione non conveniente secondo i giornalisti. La cessione avverebbe, infatti, al prezzo attuale, circa 100-120 milioni di euro, molto inferiore rispetto al valore che il palazzo aveva prima della crisi economica e che tornerà ad avere in futuro (oltre i 200 milioni). L’affitto si adeguerà, invece, ai prezzi di mercato, decisamente elevati vista la zona, tra le più care di Milano.

Al 45enne Jovane, ex presidente e amministratore delegato di Microsoft Italia, dallo scorso anno alla guida del gruppo, i corrieristi chiedono di bloccare la vendita e studiare un nuovo piano industriale che preveda investimenti, nuove idee e una strategia digitale. Un rilancio del giornale, isomma, improntato all’aumento dei ricavi senza il bisogno di sacrificare l’amata via Solferino.

Intanto sul web e sui quotidiani concorrenti ognuno dice la sua sul “caso Corriere”. E’ giusto rispettare la storia che dal 1904 vede il Corriere della Sera sempre nello stesso palazzo, progettato appositamente dall’architetto Luca Beltrami per accogliere il quotidiano sul modello della sede del Times di Londra? C’è chi vede come un sacrilegio vendere quei corridoi consumati dalle suole dei maggiori esponenti della cultura italiana, dei “grandi” giornalisti e scrittori del passato, dar via quelle mura simbolo dell’autorevolezza del quotidiano. E’ solo Romanticismo, o peggio “un falò delle vanità”come scriveva mesi fa il Foglio? Altri obiettano che anche il New York Times si è spostato dalla sede storica e non è morto nessuno. Mentre si attende ancora il parere del direttore Ferruccio De Bortoli, oggi, “il Giornale” scrive che «l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un gruppo troppo innamorato di un suo passato morto e sepolto». Il problema sarebbe, dunque, solo dei giornalisti che non vogliono accettare «un nuovo modo di lavorare nell’informazione, molto meno romantico e molto più faticoso». Ma forse è tutta invidia.

Giulia Prosperetti

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