Al via oggi la Commissione per l’equo compenso ai giornalisti precari. Guai per chi non rispetterà le regole

Proprio in queste ore si sta svolgendo a Roma la prima riunione della Commissione per l’equo compenso giornalistico. Perché alla fine la legge proposta dall’ex Pdl, Silvano Moffa, è stata firmata dal presidente Napolitano lo scorso 31 dicembre, dando un buon motivo a tanti giornalisti precari e freelance di festeggiare l’arrivo del nuovo anno con un po’ di fiducia in più.

Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2013, la legge n. 233 ha fatto un altro passo avanti per diventare applicabile.
Un primo traguardo è stato quindi raggiunto, ma c’è ancora molta strada da fare.
Le novità. La commissione è composta da un rappresentante per il ministero del Lavoro e per il ministero dello Sviluppo economico: il primo in rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei giornalisti, il secondo che fa capo alle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro dei committenti più importanti e da un portavoce dell’istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani
Vera novità della legge è l’istituzione di un elenco di quotidiani, periodici, agenzie di stampa ed emittenti radiotelevisive, anche telematici, che garantiscano il rispetto dell’equo compenso, dandone adeguata pubblicità.
L’obiettivo. Proprio la mancata iscrizione in questo elenco per più di sei mesi comporterà la decadenza del contributo pubblico in favore dell’editoria. L’obiettivo è recuperare anni di ritardo per arrivare a rispondere a una semplice domanda: a quanto ammonta un equo compenso per un giornalista? Nel 2011 a Firenze, durante il primo convegno di precari e freelance da tutta Italia per approvare la Carta di Firenze, il segretario della Federazione nazionale della stampa italiana, Franco Siddi, aveva fatto un accenno alla cifra di 14 euro, in parte ripresa dall’allora presidente Roberto Natale.
Intanto Valeria Calicchio, di Errori di Stampa, il coordinamento dei giornalisti precari di Roma, si dice pronta a presentare alla Commissione un dossier sulle retribuzioni e sulle tariffe vergogna, Per mille euro un mese non basta, e a organizzare una campagna anche con i freelance.
Sul tavolo della Commissione riunita in queste ore ci sono i criteri con cui definire l’ammontare del compenso “equo”. Gli editori finora hanno sempre sostenuto che il riferimento è il codice civile. Peccato che esso non dica nulla sul trattamento economico e prevede che le parti si mettano d’accordo in piena autonomia. Insomma l’intenzione degli editori sembrerebbe essere quella di giocare d’astuzia e provare a fermare la definizione di una retribuzione minima per il lavoro giornalistico sostenendo che nel codice civile è previsto che committente e professionista si mettano d’accordo tra loro, senza bisogno di tabelle o tariffari.
Purtroppo la verità è che la legge che ha istituito l’ordine dei giornalisti, a differenza di quelle per gli altri ordini professionali, non ha previsto che ci fosse un tariffario per il lavoro autonomo. L’ordine ha emesso dei tariffari, pur non vincolanti, fino a quando l’autorità per la garanzia della concorrenza e del mercato glielo ha inibito sostenendo che essi rappresentassero una turbativa di mercato.
Le tariffe. La Commissione avrà adesso 60 giorni per la compilazione del tariffario. E’ necessario quindi decidere in tempi rapidi a quanto ammonti l’equo compenso per evitare che questo perda forza perchè sulla carta è previsto che gli editori che non si adeguino entro sei mesi dall’uscita del tariffario perdano i contributi pubblici.

Lorenzo Caroselli