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"L'Amministrazionedi sostegno lede il dirittoall'autodeterminazione"

Cristina Paderi di "Diritti alla follia" spiega gli abusi dell'Ads

Dietro l’istituto dell’amministrazione di sostegno si nascondono spesso abusi che ledono i diritti fondamentali dell’individuo. È l’atto di accusa di Cristina Paderi di Diritti alla Follia, l’associazione che da anni si batte per portare l’attenzione sulle falle e i vuoti di tutela dell’amministrazione di sostegno. 

Quali diritti va a ledere a suo avviso l’amministrazione di sostegno?

“In primo luogo il diritto all’autodeterminazione dell’individuo. Autodeterminazione significa poter scegliere dove vivere, chi frequentare e quali terapie assumere, se essere o meno ricoverati. E’ una pratica disciplinata dalla legge, ma l’attuale normativa prevede la possibilità che, con un decreto da parte del giudice, l’amministratore di sostegno possa sostituirsi alla persona. La legge 219 del 2017, per esempio, consente all’articolo 3 all’amministratore di sostegno di firmare o meno il consenso informato per un trattamento medico sanitario. L’amministratore di sostegno ha, dunque, la possibilità di accettare o meno un trattamento sanitario per conto del beneficiario o di decidere o meno il suo ricovero in una struttura. In caso di contrasto tra la volontà del beneficiario e quella dell’amministrazione di sostegno decide il giudice, che, 99 volte su 100, propende per la posizione dell’amministratore di sostegno”. 

L’obiezione che potrebbe essere fatta, in questo senso, è che questo istituto è stato pensato per tutelare le persone che vengono giudicate non in grado di provvedere in tutto e per tutto in maniera autonoma alle proprie necessità. 

“Si tratta di un’obiezione basata sull’analfabetismo degli operatori giudiziari, sociali e sanitari rispetto a quanto sancisce la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità firmata dalle Nazioni Unite nel 2006 e ratificata dall’Italia nel 2009. La Convenzione, in particolare all’articolo 12, dice che sostituirsi alle persone con disabilità è illegale. L’Italia è stata bacchettata più volte dal Comitato Onu che supervisiona l’applicazione della legge. Il Comitato, infatti, ha rilasciato all’Italia due raccomandazioni, la numero 27 e la numero 28, in cui si invita lo Stato italiano ad abrogare le disposizioni di legge che prevedono l’interdizione o l’inabilitazione e  specifica che anche l’amministrazione di sostegno deve essere ripensata”. 

Quindi, dal suo punto di vista, il problema è proprio l’istituto in sé e non il suo abuso? 

“Entrambe le cose. Noi, come associazione, abbiamo sia una proposta di legge che prevede l’abolizione dell’istituto sia una proposta di legge che lo riformi, ma che sia anche una denuncia esplicita di una serie di situazioni collegabili a questo istituto che sono veramente gravi. La stampa spesso parla di abusi dell’amministrazione di sostegno solo in riferimento alle ruberie di denaro ai danni del beneficiario, ma la situazione è ben più complessa. C’è un mondo sommerso: migliaia di persone ogni anno sono sequestrate legalmente e nessuno ne parla. Migliaia di persone, ogni anno, vengono sottoposte e detenute contro la loro volontà in strutture sanitarie. Un esempio, in questo senso, è quello del professor Carlo Giraldi”. 

In teoria, però, il tribunale prevede un sistema di controllo degli amministratori di sostegno. 

“Si, c’è solo un controllo economico dei rendiconti spese che viene effettuato una volta all’anno. Per esempio, noi proponiamo che ce ne sia più di uno. Spesso i tribunali sono così oberati che danno il proprio benestare a rendiconti spese che, a volte, purtroppo non hanno neanche verificato. Ugualmente accade per le istanze da parte dei familiari dei beneficiari dell’amministrazione di sostegno. Una soluzione, in questo senso, potrebbe essere avvalersi di collaboratori che abbiano le competenze per affiancare il giudice tutelare e smaltire l’enorme mole di lavoro”. 

Nel caso di riforma dell’istituto quale sarebbe il correttivo da tenere al centro?

“L’informazione del beneficiario dell’amministrazione di sostegno sui suoi diritti. L’attuale formulazione dell’amministrazione di sostegno prevede che l’amministratore debba essere scelto secondo le indicazioni del beneficiario. Spesso la persona ignora di poter nominare come amministratore un parente prossimo o qualcuno di cui si fida. Spesso un individuo terzo presenta richiesta al giudice tutelare affinché una persona venga assistita senza che questa ne sia informata prima. Dunque senza che abbia la possibilità di scegliere. Un altro grosso problema è che, spesso, le persone ignorano di potersi far assistere da un avvocato in questa fase”. 

Siete riusciti, come associazione, a fare una stima precisa di quanti siano detenuti contro la loro volontà?

“Il Ministero della Giustizia non fornisce dati in merito. Fare una stima è veramente difficile. Noi di Diritti alla Follia, come tante altre associazioni, abbiamo fatto richiesta specifica di questi numeri, ma non ci sono mai stati forniti. Solo alla nostra associazione pervengono migliaia di richieste ogni anno. Immaginiamo come possa essere la situazione sull’intero territorio nazionale”. 

 

Maddalena Lai

Sarda, laureata in Giurisprudenza e aspirante giornalista. Mi piacciono la scrittura, la politica e i diritti. Ho una vocazione per le cause perse e le domande scomode.