Balduina, il quartiere che sprofonda

Roma come una groviera. Voragini, buche stradali, frane, rendono la vita dei romani un percorso a ostacoli.

Come il crollo della Balduina. Era il 14 febbraio 2018 quando, a via Livio Andronico, un pezzo di strada ha ceduto, portando con sé sei macchine parcheggiate. Le cause sono tuttora incerte, il processo che le individuerà è in corso. Da un punto di vista scientifico, la frana potrebbe essere stata causata da uno scalzamento al piede della scarpata per via di uno scavo o da un incremento dell’acqua all’interno del pendio. In quel periodo, infatti, a Roma ha piovuto molto e il terreno ha perso portanza e è venuto gradualmente giù.

 

Cronistoria degli avvenimenti collegati al crollo

GLI ILLECITI
“Al momento non vedo che Roma Capitale si è attivata, questo è il punto”, dice Giancarlo de Caprariis, avvocato del Comitato crollo Balduina, nato per controllare e sollecitare il lavoro della pubblica amministrazione

Il Comitato lamenta la lentezza del XIV Municipio accusato di immobilismo.
Il 18 aprile 2018 è stata dissequestrata parte di via Livio Andronico per consentire ai veicoli che erano rimasti bloccati di uscire. Non si è sbloccato, però, il transennamento da parte di Roma Capitale, argomento di maggior scontro tra Comitato e istituzioni. Il Municipio ha voluto coinvolgere la commissione stabili pericolanti per accertare la sicurezza della zona, senonché non c’era una figura che potesse fare questo tipo di dichiarazione e la relazione tecnica. Il tecnico esterno che alla fine è stato scelto altri non è che l’attuale direttore dei lavori del cantiere di via Lattanzio, Eugenio Daniele Gabriere, lo stesso che ha certificato sempre tra febbraio e marzo la sicurezza statica dei fabbricati che erano stati sfollati.

A oggi l’indagine della Procura non si è conclusa e, mentre l’area di cantiere è stata completamente dissequestrata, il permesso di costruire è sotto sequestro quindi non si può ancora averne copia. Uno dei tanti episodi che fanno sorgere dubbi sulla regolarità del cantiere, come la mancanza di presidi di sicurezza o la presenza di fuochi.

“Personalmente – racconta l’avvocato de Caprariis – già da ottobre 2017 avevo iniziato a fare esposti e segnalazioni sia per come venivano fatti i lavori di demolizione, sia per i camion pesanti che passavano. La strada aveva già mostrato segni di danneggiamento, c’erano spaccature accentuate sul manto. Poi l’8 febbraio 2018 si ruppe per la seconda volta una condotta di Acea e andò giù un pezzo di marciapiede. Lì feci un’altra segnalazione, poi una settimana dopo c’è stato il crollo”.

Alla denuncia in procura, riguardante gli avvenimenti precedenti al crollo, il pubblico ministero ha risposto lo scorso 22 febbraio con una notifica di richiesta di archiviazione.

IL COMUNE: UNA STORIA PARALLELA

Il racconto del XIV Municipio è caratterizzato dalla stessa sequenza di avvenimenti nel tempo rispetto a quello dell’avvocato del Comitato crollo Balduina. Se per quest’ultimo, però, alcuni aspetti determinanti rappresentano un ulteriore segnale di degrado, per il Comune possono essere visti come segnali positivi di miglioramenti in atto.
Il portavoce del Movimento 5 Stelle al XIV Municipio, Alessandro Volpi, ci tiene a sottolineare che “a Balduina abbiamo fatto un consiglio straordinario sul posto, al quale hanno partecipato anche i geologi del Simu che hanno rassicurato tutti. Balduina non sta sprofondando. Il problema è che essendo uno dei quartieri più antichi è anche quello con le condotte fognarie più vecchie”.

Alla domanda sul perché l’Acea non faccia i dovuti controlli per accertare lo stato delle condotte, Volpi risponde che “Acea è per il 51% del Comune di Roma ma è anche una Società per azioni e ha deciso di spendere meno per la manutenzione in favore di un maggior guadagno dei soci”.

Il 4 ottobre l’autorità giudiziaria ha dato l’autorizzazione per arretrare il confine dell’area posta sotto sequestro fino all’area di cantiere. Però c’era anche il vincolo dei vigili del fuoco per il quale ancora non si poteva intervenire per questioni di sicurezza.

“Per poter eliminare questi vincoli, abbiamo richiesto l’intervento della Commissione stabili pericolanti perché nel frattempo la società Lattanzio (società che fa i lavori nel cantiere) aveva ricostruito la palificata che serviva a sostenere la strada e bisognava verificare che questa struttura potesse reggere il peso di tutte le lavorazioni che andavano fatte”, spiega Volpi.

Acea aveva fissato l’inizio dei lavori a dicembre ma la magistratura ha disposto nuove perizie e questo ha fatto slittare l’inizio dei lavori all’11 febbraio. La data stabilita da Acea per la fine dei lavori e la riapertura completa della strada è il prossimo 12 aprile.
Ai disagi legati alla difficoltà di accesso nell’area franata, si aggiungono quelli causati dalle limitazioni al trasporto pubblico. Un problema che riguarda soprattutto la linea dell’autobus 990 che non può ancora passare da via Livio Andronico, neanche dopo la parziale riapertura della strada, sia per i lavori previsti, sia perché l’Atac non aveva dato l’autorizzazione per il passaggio. In commissione mobilità si sono studiati diversi tragitti alternativi, tutti bocciati per l’inadeguatezza delle strade. “Abbiamo chiesto ad Atac delle navette – conclude il portavoce del M5S – ma ci hanno detto che non c’erano navette disponibili”.