Berlino oltre il Muro, i racconti da Est e Ovest

Prosegue l’ inchiesta a puntate
per ricordare il trentesimo anniversario
della caduta del Muro di Berlino

 

Cronache dall’Ovest: dal crollo al nuovo popolo nella Germania unita


“Se ci penso mi viene ancora la pelle d’oca. La caduta del Muro è il ricordo di una rivoluzione avvenuta senza morti e feriti”.
A parlare è Kerstin Götz, una signora berlinese nata e cresciuta nella parte Ovest, la Bundesrepublik Deutschland (BDR). Aveva 21 anni quando il Muro è caduto. Oggi ha 51 anni, vive a Berlino e lavora come insegnante in una scuola di pattinaggio.

Quel periodo lo ricorda come un momento avvincente perché “si percepiva che qualcosa nella Germania dell’Est stava cambiando. C’era irrequietezza e crescenti manifestazioni di protesta”. Poi la svolta, arrivata con una conferenza stampa. L’allora ministro degli esteri Hans Dietrich Genscher ha annunciato che i cittadini della Germania dell’Est avrebbero potuto viaggiare e spostarsi ovunque, sottolineando che la decisione era immediatamente valida.

“Le persone hanno spento la televisione che trasmetteva la conferenza e sono andate al confine. Un’ora dopo, i primi cittadini sono usciti dall’Est e, per la prima volta, oltrepassando il confine senza più il Muro, si sono ritrovati nella parte Ovest. Non credo che volessero scappare. Semplicemente volevano provare la libertà di muoversi senza impedimenti per poi poter tornare a casa. Donne e uomini della Deutsche Demokratische Republik (DDR) volevano solo essere liberi come noi”.

Kerstin si trovava a Berlino quando il Muro è caduto. Quel momento lo ricorda ancora molto bene.

“Stavo facendo gli allenamenti di pallacanestro. Quando sono tornata a casa, mia madre era davanti alla televisione e mi ha detto che il Muro era caduto. Le ho risposto che non ci credevo, che non era possibile. Poi mi sono fatta la doccia e sono andata a letto. Il mattino dopo ho acceso la radio e dicevano che in città avevano fatto festa tutta la notte”.

Un evento rivoluzionario che però per lei, al di là dell’emozione, non ha comportato particolari sconvolgimenti nella quotidianità.

A sinistra Kerstin a 21 anni, a destra sempre lei in una foto recente – Foto dal suo archivio

“In realtà la mia vita non è cambiata molto dopo la caduta del Muro. L’unica differenza è stata l’estensione dei confini della città. Senza il Muro fu superata la logica per cui si poteva lasciare la città solo uscendo da determinati punti”.

Poi un paragone tra la sua vita a Ovest e quella di alcuni suoi parenti a Est, caratterizzata dalle difficoltà di trovare alcuni generi alimentari e beni di prima necessità.

“All’epoca potevo andare dove desideravo: ho visitato gli Stati Uniti e l’Italia. Ero una persona libera, potevo comprare ciò che volevo. Ma nella DDR era diverso. Avevo dei parenti che vivevano a Est e, quando andavo a trovarli coi miei genitori, portavamo loro il sapone per il bucato e il caffè: erano tutte cose che a Est erano difficili da reperire. Spesso si creavano delle file fuori dai negozi per gli acquisti e magari i prodotti erano già esauriti”.

A distanza di 30 anni resta la memoria di quel giorno, in un Paese cambiato perché unificato e con le diversità tra Est e Ovest meno marcate rispetto al passato.

“Questo anniversario dovrebbe servire a ricordare quanto siamo fortunati a vivere in Europa unita dove ci sono pace e benessere. Ora siamo diventati un popolo. Trenta anni fa eravamo diversi: quelli dell’Est li riconoscevamo subito perché erano vestiti in modo diverso, avevano un’altra acconciatura. A volte anche la lingua che parlavano era diversa perché alcune parole erano state cambiate dal socialismo. Ma oggi queste differenze non esistono più: le nuove generazioni sono unite tra loro”.

 

Cronache dall’Est: la storia di un soldato e un’insegnante

“Con la fine della Germania Est tutto quello che conoscevamo potevamo anche dimenticarcelo”.

Michael Förster è nato e cresciuto a Berlino Est, nella DDR. All’epoca aveva 19 anni ed era soldato dell’esercito della Germania Est: l’armata popolare nazionale (NVA). Oggi ha 49 anni, vive a Berlino e lavora come insegnante di educazione fisica.

Di quel 9 novembre 1989 ricorda la sensazione di smarrimento per una rivoluzione pacifica che aveva innescato il crollo, un evento per lui inaspettato.

“Io e gli altri soldati eravamo sotto shock perché eravamo stati addestrati a pensare che il nemico venisse da fuori, che fosse la Germania dell’Ovest o la NATO. Mai che ci saremmo dovuti rivoltare contro i nostri stessi concittadini dell’Est. Eravamo giovani e non sapevamo che cosa stava succedendo e come avremmo dovuto comportarci. Per fortuna non c’è stato nessuno scontro. A un certo punto poi è arrivata la notizia che il Muro era caduto: era chiaro che stava succedendo qualcosa di inedito”.

Malgrado le difficoltà oggettive nella Germania dell’Est, Michael valuta tuttora positivamente la sua vita nella DDR. L’essere un soldato gli ha garantito dei privilegi che altri non hanno avuto. Dopo il crollo racconta di come la sua quotidianità sia cambiata in poco tempo, dell’incertezza e dei timori sul futuro.

“Ero un comunista convinto. È vero, nella DDR c’era una drammatica carenza di provviste. Non c’erano belle cose da comprare o bei vestiti da mettersi e c’era un disperato bisogno di abitazioni. Ma tutto questo non lo percepivo: in quanto soldato avevo delle buone prospettive davanti a me, in primis dal punto di vista dello stipendio. Non potevo lamentarmi, avevo una carriera. Invece con la caduta del Muro tutto ciò è finito: è stato come perdere il lavoro da un giorno all’altro. Il Paese era scomparso e bisognava orientarsi in un mondo nuovo”.

La fine del Muro per lui ha rappresentato una sconfitta. Superato però l’iniziale scetticismo sulla Germania unita, non sono negative le somme tirate da Michael dopo 30 anni di vita democratica.

“A quel tempo, per me il nemico era l’Occidente che aveva vinto. Poi però ho vissuto bene: ho potuto studiare e non ho mai avuto impedimenti a causa del mio passato da comunista.

Fosse successo il contrario, se l’Est avesse prevalso sull’Ovest, non credo sarebbe allo stesso modo”.

È sul tema delle libertà a Berlino Est che Michael e sua moglie Brigitte si trovano più in disaccordo. Se lui racconta di non aver quasi mai percepito limitazioni della libertà di espressione, lo stesso non può dirsi dell’esperienza di Brigitte Schliesing, all’epoca 29enne insegnante di Berlino Est. La differenza di vedute è dovuta ai ruoli sociali che ricoprivano: il soldato lui e la maestra lei.

A sinistra Brigitte e Michael da giovani, a destra una loro foto di coppia scattata di recente – Foto dal loro archivio

“Quando il lunedì successivo alla caduta del Muro sono tornata al lavoro, a scuola i miei colleghi temevano che avrebbero perso il posto. Io non ci pensavo, avevo solo realizzato di essere finalmente libera. Potevo viaggiare dove volevo, leggere i libri che mi piacevano, non dovevo più prestare attenzione a ciò che potevo e non potevo dire perché magari qualcuno mi stava spiando. Ero felicissima”.

La gioia per la libertà conquistata passa attraverso anni di intimidazioni su cui spicca in particolare un episodio.

“Nel periodo in cui studiavo per diventare insegnante, ricordo che in occasione dei festeggiamenti per l’anniversario della nascita della DDR, alcuni giovani avevano manifestato il loro dissenso e per questo motivo erano stati arrestati. I loro genitori non sapevano più dove fossero perché le forze di polizia li aveva fatti sparire nel nulla. Io e altri miei compagni abbiamo chiesto ai nostri professori cosa significasse tutto ciò. Ci hanno risposto che le persone che facevano questo tipo di domande dovevano essere emarginate e non potevano diventare insegnanti. Si trattava di argomenti di cui era proibito parlare”.

Michael e Brigitte, oggi entrambi insegnanti, su una cosa però sono d’accordo. La loro vita è migliorata rispetto a quella che hanno condotto a Berlino al tempo della DDR quando c’era il Muro e, indietro, certamente non tornerebbero.