Tra bufale e pregiudizi, l’anno nero dei vaccini

di Antonio Scali e Giulia Turco

Il tema dei vaccini è tornato d’attualità nelle ultime settimane. A scatenare il panico sono stati recenti casi di meningite, già numerosi in Toscana, che recentemente hanno colpito anche in Lombardia. Due studentesse 24enni, iscritte all’Università Statale di Milano, sono infatti state stroncate dal meningococco di tipo C, la prima lo scorso luglio, l’altra lo scorso martedì. Entro Natale saranno vaccinati 140 tra studenti e professori. “I casi di meningite, in realtà, sono molto rari: circa 300-400 all’anno”, ci spiega Antonio Volpi, docente di Malattie infettive all’Università di Tor Vergata. “Per questo, visti anche i costi molto alti dei vaccini, sarebbe impensabile garantire la copertura a tutti i neonati. Quella di proteggersi dalla meningite è una scelta individuale”.

C’è poi il fronte delle vaccinazioni infantili. Il 30 novembre il Comune di Trieste ha deciso di rendere obbligatori quattro vaccini per i bambini iscritti sia agli asili nido sia alle scuole materne: antidifterica, antitetanica, antipoliomelite e antiepatite B. È stata la prima città d’Italia a fare questa scelta. Una decisione che fa seguito a quella dell’Emilia Romagna del 22 novembre scorso. Il Consiglio regionale emiliano ha infatti stabilito che, per i bambini non coperti dai quattro vaccini, non sarà possibile frequentare gli asili nido della regione. Riguardo a quest’obbligo il prof. Volpi sottolinea che “non è solo l’Emilia-Romagna ad averlo istituito. In altri Paesi è così da molto tempo. Negli Stati Uniti, per esempio, nessuno accetterà un bambino all’asilo se non è vaccinato”.

Vista l’assenza di una legge nazionale in materia, questi ultimi provvedimenti hanno riaperto il dibattito tra le regioni. Alcune, come il Lazio, intendono seguire la linea dell’Emilia-Romagna. Toscana e Sicilia invece propongono, come Trieste, di impedire l’accesso sia ai nidi che alle scuole materne in assenza di vaccino. Le più contrarie a imposizioni politiche risultano essere Lombardia e Liguria.

Il quadro, insomma, è complesso e varia da regione a regione. Un fatto però, è certo: negli ultimi anni le vaccinazioni sono in calo. A confermarlo sono gli ultimi dati del Ministero della Salute sulle coperture vaccinali in età pediatrica. Se fino a qualche anno fa l’andamento era piuttosto stabile, dal 2013 invece, si registra un costante calo. Il rischio concreto – sottolinea il Ministero – è quello di possibili focolai epidemici per malattie attualmente sotto controllo, e addirittura di ricomparsa di malattie non più circolanti nel nostro Paese. Particolarmente preoccupanti sono i dati di copertura vaccinale per morbillo e rosolia (che non rientrano tra quelli obbligatori), scesi di addirittura cinque punti percentuali dal 2013 al 2015, passando dal 90,4% all’85,3%.

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Il parere dell’esperto. Pier Domenico Mammì, responsabile della medicina preventiva dell’ospedale di Locri, spiega così le cause di questa tendenza: “La diffidenza verso i vaccini è dovuta al fatto che molte epidemie un tempo diffuse sono scomparse. La gente, dunque, non avverte più il rischio”. Secondo un’analisi Istat dei dati rilevati tra il 1895 e il 2011 infatti, il quadro italiano ha subito una profonda trasformazione. Il tasso di mortalità nei primi cinque anni di vita per malattie infettive è sceso drasticamente, riducendo le principali cause di morte a condizioni congenite e legate al parto. Dallo studio emerge che nella prima metà del Novecento, alcune malattie infettive come vaiolo e difterite sono scomparse quasi del tutto, mentre scarlattina, pertosse, morbillo e malaria sono diminuite in maniera consistente. “Se oggi la percentuale dei vaccinati scende sotto il 95% – spiega Mammì – c’è il pericolo che alcune malattie come la polio o la difterite possano tornare a circolare. Per questo vaccinarsi è importante non solo per tutelare se stessi, ma per l’intera collettività”. Alla domanda su quali siano le cause di molte false credenze, il dott. Mammì afferma che “purtroppo molti siti web pubblicano articoli senza alcuna base scientifica. Il che è un pericolo, dal momento che l’informazione oggi è quasi del tutto rivolta ad internet”.

La prima parte dell’intervista al dott. Mammì:

 

La seconda parte dell’intervista al dott. Mammì:

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I vaccini sul web. Secondo le rilevazioni della Siti (Società Italiana Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica) nel 2012 quasi la metà delle pagine web (45%) presentava posizioni contrarie ai vaccini. Ripetendo la stessa ricerca a settembre 2016, i siti contrari sono risultati solo il 28%. VaccinarSì.org, che smonta le bufale sulle vaccinazioni, ha già ottenuto invece oltre due milioni di accessi.

Nonostante ciò, il calo di interesse a informarsi è evidente. Voices from the Blogs, spin-off dell’Università Statale di Milano, ha analizzato che sul web, tra settembre e novembre 2016, solo il 15,5% di italiani ha parlato esplicitamente di vaccino antinfluenzale. Seppur cresciuta rispetto al 2015, si tratta di una percentuale ancora molto bassa.

Ad aumentare la diffidenza, hanno contribuito alcune bufale prive di qualsiasi fondamento scientifico. Tra i casi più recenti ha fatto scalpore, per esempio, quello del vaccino antinfluenzale “Fluad” della Novartis, ritirato nel 2014 perché avrebbe causato il decesso di alcuni anziani a cui era stato somministrato. Analisi più approfondite hanno invece dimostrato che quelle morti non avessero alcun legame con il vaccino. In definitiva, “Il valore della vaccinazione è davvero straordinario, ma purtroppo, ultimamente, sottostimato”, come conferma il Comitato Scientifico Siti.

Un ulteriore parere a riguardo ci viene fornito da Giovanni Rezza, epidemiologo e dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità: