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HomeEsteri Colombo (Ispi): “La Siria potrebbe arrivare a un sistema ibrido semi-democratico”

“La democrazia in Siria
non è un esito scontato
Paesi del Golfo sono modello”

Matteo Colombo, analista Ispi

“Is presente ancora in alcune aree”

di Leonardo Macciocca09 Dicembre 2025
09 Dicembre 2025

Matteo Colombo, ricercatore associato dell'Ispi

Matteo Colombo, analista dell’Ispi, traccia per Lumsanews il bilancio del primo anno di governo del presidente siriano Ahmed al Sharaa, tra questioni interne e di politica estera.

Tra i momenti più significativi del 2025 c’è il discorso di Al Sharaa all’Onu e la sua visita alla Casa Bianca. Che valore hanno?

“La leadership siriana sta tentando di ottenere una forte legittimità internazionale che permetta investimenti per rimettere in piedi il Paese. In questi mesi ha ottenuto di fatto la sospensione delle precedenti sanzioni, che erano il motivo principale per cui le aziende non potevano operare in Siria. Andare negli Stati Uniti significa rinsaldare una serie di contatti anche a livello economico. La Siria inoltre rientrerà a breve nel sistema finanziario mondiale, con lo Swift e quant’altro”.

In tema di politica estera quali sono state altre tappe importanti? 

“I frequenti incontri con i governanti del Golfo, che hanno le risorse per rimettere in piedi il Paese. Inoltre sono un modello politico a cui guardare, che è in parte tecnocratico, ma che è legato all’islamismo politico. Da una parte puntano molto sull’aspetto dell’innovazione, mantenendo comunque alcuni elementi legati più a un Islam conservatore”. 

Come valuta il primo anno di governo di Al Sharaa? Riuscirà a guidare il Paese verso la democrazia? 

“Il vero vantaggio di Al Sharaa è che al momento si vedono poche alternative all’orizzonte. Gode di una certa popolarità e legittimità, ma il percorso verso la democrazia è indietro. Per esempio, nelle elezioni non ci sono state vere e proprie competizioni tra partiti politici. Non è scontato che si arrivi alla democrazia. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di un sistema ibrido semi-democratico in cui ci sia un minimo di dissenso e di opposizione organizzata, ma poi sia chiaro chi comandi”.

Il Kurdistan iracheno è un modello virtuoso a cui guardare per i curdi siriani?

“Il Kurdistan iracheno ha un vantaggio, che avrebbe in parte anche il Kurdistan siriano: il petrolio e il gas. Perciò la possibilità di basare la sua economia su queste esportazioni e di tenersi le risorse. Il Kurdistan siriano però sarebbe qualcosa di molto più difficile da realizzare per tre motivi. Il primo è la vicinanza dei curdi siriani al Pkk. Un altro problema è quello dell’autosufficienza economica. Infine andrebbero ridisegnati i confini perché gli attuali non disegnano zone a maggioranza curda. Si va dunque verso un modello ibrido tra quello centralizzato e autonomista”.

Lo Stato Islamico (Is) è ancora presente in Siria? 

L’Is è presente soprattutto nelle zone desertiche tra Palmira e Deir ez Zor, anche se è in declino in Siria molto più che in Iraq. Inoltre il governo è recentemente entrato nella coalizione anti-Daesh”.

Quali sono i legami con la Russia oggi?

“La Russia è stata abbastanza brava a limitare i danni. Ha mantenuto il contratto sulle basi di Tartus e di Khmeimim. Nonostante ciò, il Cremlino non ha più un alleato in Siria, potrebbe avere un partner per alcuni temi”.

Che interessi ci sono dietro agli investimenti nel Paese degli Stati del Golfo?

“Cercano di assicurarsi la propria indipendenza alimentare e la Siria è un potenziale paniere a basso costo, per la vicinanza geografica. Un altro tema in futuro sarà poi quello delle infrastrutture: si potrebbe ipotizzare una via di esportazione per il petrolio e il gas, per esempio dall’Arabia Saudita, passando attraverso la Siria. Infine il settore immobiliare, con la ricostruzione e con i conseguenti ritorni economici”.

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