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Per Giovanni Tizian, 28 anni, collaboratore de L’Espresso e redattore della Gazzetta di Modena,  la vita è cambiata completamente dopo la pubblicazione del libro “Gotica. ‘ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea”. Dal 2 dicembre 2011, infatti, vive sotto scorta. Dopo l’omicidio di suo padre da parte della ‘Ndrangheta nel 1989 lascia la Calabria e si stabilisce a Modena. Nel suo libro descrive le organizzazioni mafiose che dal Sud hanno risalito la penisola.
Ti sei mai pentito di aver scritto il libro?
«Pentito assolutamente no. Spero, invece, di essere riuscito a fornire una collaborazione utile a chi deve contrastare queste organizzazioni. È un lavoro che amo, la mia passione, non si può essere pentiti delle proprie passioni».
Cosa ti manca della tua vita da ragazzo?
«La spensieratezza, ma credo che questa situazione non durerà a lungo».
Perché la maggior parte degli italiani sembra disinteressata al problema della mafia?
«Il potere mafioso è un problema degli italiani. È un potere che sottotraccia domina questo Paese. C’è una sorta di volontà degli italiani di essere dominati da qualcosa. La mafia impone di abbassare la testa e fa in modo che un diritto sia percepito come un favore».
Che messaggio ti senti di lanciare ai giovani giornalisti che in questo momento vivono molte difficoltà?
«Portare avanti le proprie passioni e i propri sogni, provandoci in tutti modi, magari facendo inizialmente più lavori. Sembra assurdo, ma è così purtroppo in questo Paese. Non si deve però mai abbandonare la rivendicazione dei propri diritti e la dignità che ci spetta come lavoratori. Non si deve smettere di credere che un giorno le cose potranno migliorare, anche se la gavetta è più lunga e dura di quanto ci si aspetti».

 Francesca Polacco