Evasione a Rebibbia
Tre detenuti riescono a fuggire
con una corda di lenzuola

Sistemi di sorveglianza elusi nuovamente
dove era avvenuta l'ultima fuga

Questa mattina all’alba tre albanesi detenuti a Rebibbia hanno beffato il sistema di sorveglianza del carcere di massima sicurezza, riuscendo a dileguarsi nelle campagne. Con il classico sistema delle lenzuola legate tra loro per formare una corda, i tre prigionieri si sono calati lungo il muro di cinta, proprio nello stesso punto dove pochi mesi fa – lo scorso febbraio – erano evasi due romeni.

Come in un film, il piano per la fuga si è articolato in tre fasi: dapprima hanno sistemato nei loro letti delle sagome di cartone, per aggirare i controlli interni. Poi hanno segato le sbarre della cella, al piano terra della struttura carceraria, coprendo con una maglietta il varco realizzato nell’inferriata. Infine hanno raggiunto e superato il muro esterno grazie alle lenzuola.

L’ala del carcere dove i tre erano reclusi è quella riservata prigionieri per reati comuni, a soggetti condannati per stupro e ad appartenenti alle forze dell’ordine, categorie che per regolamento carcerario hanno bisogno di essere tenute separate dal resto dei detenuti. I tre fuggitivi erano stati condannati rispettivamente per omicidio, tentato omicidio e sfruttamento della prostituzione.

I sindacati di polizia penitenziaria puntano il dito sulla carenza di organico. “Le criticità sono molte”, afferma il segretario generale della Uilpa Penitenziari, Angelo Urso – “soprattutto sul fronte del personale, che è carente, e su quello della gestione. Gli eventi critici, come risse, reati, episodi di autolesionismo, sono aumentati. Il governo apra al più presto una discussione in merito”, conclude il sindacalista.

Ed è proprio di ieri la terribile notizia dell’ennesimo suicidio avvenuto all’interno del carcere romano. Si tratta di un detenuto di 48 anni, collaboratore di giustizia a disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che si è impiccato con un lenzuolo nella sua cella. “È il trentesimo caso di suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno”, sottolinea Leo Beneduci, segretario generale del sindacato Osapp, che ritiene “fallimentare l’attuale gestione del sistema penitenziario”.

Siria Guerrieri

Dottore di Ricerca, giornalista con la passione per Politica ed Esteri fin dai tempi dell’università. Nel 2010 e nel 2011 è a Washington DC per una borsa post-doc. Dal 2014 al 2016 collabora con la redazione di Rassegna, Rassegna.it e Liberetà, occupandosi di esteri e politiche dell'Unione Europea.