Fifa, si dimette il presidente. L’inchiesta dell’FBI schiaccia Blatter, che si dimette. Per favorire Platini?

Sepp_Blatter_(2009)

Joseph Blatter

Quinta elezione e dimissioni (annunciate) in appena quattro giorni: il presidente della Federazione internazionale calcio (FIFA) Joseph Blatter si arrende e annuncia il ritiro. Il 79enne ex colonnello dell’esercito svizzero vorrebbe gestire la transizione e rimanere in sella fino alla convocazione di «un congresso straordinario elettivo» all’inizio del 2016. Difficile però che l’FBI gliene lasci il tempo: un collaboratore alla volta l’inchiesta del Bureau si sta infatti avvicinando sempre di più a Blatter, che presto potrebbe ritrovarsi formalmente indagato.

L’addio di Blatter. Il vecchio leone si è presentato con aria mesta nella sala stampa del quartier generale della Fifa, a Zurigo, e ha gettato la spugna con un discorso di appena cinque minuti: «Ho riflettuto sulla mia presidenza e sugli ultimi 40 anni della mia vita – ha esordito – Non sento più la fiducia attorno al mio ruolo», ha ammesso Blatter prima di concludere amaramente «Mi dimetto perché la Fifa ha bisogno di una ristrutturazione. Non posso pensarci io». Finisce così una presidenza iniziata nel lontano 1998: quasi vent’anni durante i quali Blatter è stato il dominus assoluto del calcio mondiale, grazie alla sua grande capacità di costruire solide alleanze a livello planetario e ai contratti sempre più generosi che è riuscito via via a strappare alle grandi multinazionali che sponsorizzano la Fifa. C’è Blatter infatti dietro l’assegnazione di tutti i mondiali (almeno) degli ultimi vent’anni: Francia 1998, Corea-Giappone 2002, Germania 2006, Sudafrica 2010 e Brasile 2014. Gli è stata però fatale la discussa assegnazione congiunta degli ultimi due: Russia 2018 e soprattutto Qatar 2022, un paese ricchissimo ma privo di tradizione calcistica e dal clima torrido, a cui ha promesso di ovviare grazie faraonici stadi dotati di aria condizionata, la cui costruzione è già costata la vita a molti operai.

I possibili successori. A questo punto si riapre la partita per la successione: difficile che possa farcela il candidato di bandiera di venerdì scorso, il principe giordano Ali Bin al Hussein. Molto più quotati gli ex calciatori Beckenbauer, Figo – che si era ritirato a una settimana dal voto per far convergere i suoi voti su Hussein – Zico, che «non esclude» di candidarsi e che potrebbe strappare il voto del potente Brasile, ma soprattutto Michel Platini. Nei giorni scorsi l’attuale presidente della federazione calcistica europea (Uefa), aveva organizzato il voto anti-Blatter e poi minacciato una clamorosa secessione con la conseguente rinuncia ai Mondiali delle squadre del vecchio continente. In realtà la ribellione dell’ex roi juventino appare quanto mai tardiva, dato che la sua carriera da dirigente si è svolta tutta all’ombra del padre-padrone della Fifa. C’è perfino chi avanza l’ipotesi che Blatter abbia voluto a tutti i costi la rielezione proprio per impedire il successo di Hussein e favorire un passaggio morbido al suo ex pupillo Platini.

L’inchiesta dell’FBI. L’inchiesta giudiziaria americana – esplosa mercoledì scorso con l’arresto di sette alti dirigenti della Fifa – è stata autorizzata personalmente dal ministro della Giustizia di Barack Obama, Loretta Lynch, e dal capo dell’FBI, James Comey. Ciò era bastato al presidente russo Vladimir Putin per accusarli di «attacco al mondiale 2018», ma il Cremlino ha dovuto abbassare i toni dopo che nei giorni scorsi la federazione sudafricana ha ammesso di aver pagato 10 milioni di dollari dopo l’assegnazione dell’edizione 2010, presentandoli però come un improbabile finanziamento ad un progetto di solidarietà con la federazione dell’America Centro-settentrionale (Concacaf), il cui presidente (arrestato) Jeffrey Webb è un fedelissimo di Blatter. Proprio in merito a questa vicenda è stata scoperta una mail che dimostrerebbe il coinvolgimento del potente segretario generale della Fifa Jerome Walcke, di fatto il vice di Blatter. A Zurigo i «men in black» a stelle e strisce potrebbero tornare molto presto.

Alessandro Testa

Alessandro Testa

Nato a Roma, ha conseguito una laurea quinquennale (110 e lode) in Scienze della Comunicazione alla Sapienza, dove svolge ancora ricerca sulle primarie al dipartimento CORIS. Ha lavorato quattro anni negli uffici stampa della Marina Militare e ha collaborato con un’agenzia di stampa e diverse piccole testate. Ha frequentato il master IGS in giornalismo internazionale e una summer school in comunicazione a New York. Attualmente scrive recensioni teatrali, cura un blog ed è presente su Twitter.