Centinaia di condanne a morte per i Fratelli musulmani. Le reazioni delle organizzazioni umanitarie

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La guida spirituale dei Fratelli Musulmani, il settantenne Mohamed Badie, sarà condannato alla pena capitale insieme a 682 militanti dei Fratelli musulmani, fedeli al deposto presidente Mohamed Morsi, accusati di omicidio a danno di alcuni poliziotti, nella provincia di Minya, nel corso dei furiosi scontri che ebbero luogo il 14 agosto, il giorno in cui, al Cairo, la polizia egiziana uccise centinaia di sostenitori che manifestavano a favore di Morsi.
A sentenziare la condanna, ieri, il tribunale egiziano di Minya, nel corso del secondo atto del maxi processo alla Fratellanza Musulmana in Egitto, al termine di un’udienza lampo durata cinque minuti. Il tribunale ha inoltre confermato la pena capitale per 37 dei 529 condannati lo scorso mese dalla stessa corte di Minya, per l’omicidio di un ufficiale di polizia, commutando in ergastolo la pena dei restanti 492 condannati.
Una sentenza che non ha tardato ad innescare una serie di proteste da parte dei parenti degli imputati, accampati fuori dal tribunale. “Almeno tre di queste condanne a morte sono sbagliate – spiega una madre -Sono persone che non hanno niente a che fare con i Fratelli musulmani. E tra i condannati c’è anche il nome di una persona già deceduta. Mio marito Mohamed Hassan, un insegnante di francese, e suo fratello Yussef Hassan, un preside, sono entrambi innocenti, lo giuro. Abbiamo prove che dimostrano come nessuno dei due era vicino alla stazione di polizia il giorno degli incidenti. La sentenza è ingiusta” è lo sfogo della donna.
Una doccia fredda per il Cairo che si aggiunge alla decisione da parte del Tribunale di dichiarare fuorilegge il movimento dei giovani del 6 aprile, il maggiore tra i movimenti laici e non violenti della rivoluzione del 2011, i cui militanti sono accusati di “spionaggio” e di “attività che distorcono l’immagine dell’Egitto”.
A un mese di distanza dalle elezioni che vedranno l’Egitto al voto, per la sesta volta in poco più di tre anni, per scegliere il successore di Mohammed Morsi, il presidente islamista deposto l’estate scorsa da un golpe popolar militare, le centinaia di condanne a morte di Fratelli musulmani, oltre a scuotere il Paese, provocano lo sdegno delle democrazie occidentali.
Mentre la storia è in fieri il Paese stagna impantanato nella barbarie delle esecuzioni e degli arresti perpetrati a danno di presunti terroristi e di decine di giornalisti.
Dinnanzi a questo cupo scenario le organizzazioni umanitarie come Amnesty e Human Rights Watch invocano un intervento da parte dell’occidente. “Agghiacciante, grottesco, mostruoso” hanno definito le due associazioni il verdetto sancito ieri dal tribunale. Ma il resto del mondo, al momento, tace, limitandosi a postare sui network dichiarazioni di denuncia, come quelle pubblicate del ministro degli esteri svedese, Carl Bildt, che ieri, su Twitter, ha gridato all’oltraggio.
Gli Stati Uniti hanno, intanto, annunciato la consegna di dieci elicotteri da guerra Apache, mentre il popolo d’Egitto continua a spalleggiare la vittoria di Abdel Fattah Al Sisi, che aveva deposto a luglio scorso il raìs fratello Mohammed Morsi, alle prossime elezioni del 26 maggio.
Il popolo d’Egitto, sopraffatto dalla disperazione, sfiancato da violenza e miserie, confida nel prossimo voto e nelle promesse del nuovo generale Faraone supportato dall’élite politica che investe sugli interessi economici del Paese.

Samantha De Martin

Samantha De Martin

È nata a Reggio Calabria. Dopo aver conseguito la maturità classica si è laureata in Scienze Umanistiche. Specializzata in Linguistica, ha maturato la passione per il giornalismo grazie ad uno stage nella redazione della rivista “Progress” scrivendo di cultura e viaggi. Ha collaborato con il quotidiano “Cinque giorni” occupandosi della cronaca di Roma. Nel 2008 la passione per la scrittura l’ha condotta alla pubblicazione del romanzo “Pantarei”, vincitore dei premi “Anassilaos” e “Calarco”.