Giovanna Cosenza, direttrice del corso di laurea triennale in Comunicazione e Digital media dell’Università di Bologna e di San Marino

"C'è bisogno di trasparenzae accessibilità ai datinella comunicazione sociale"

La docente Giovanna Cosenza "Incredibile accanimento mediatico"

“La comunicazione trasparente ha bisogno di dati e di facile accessibilità. La Ferragni? Fa bene per ora a stare quieta: meglio allontanarsi il più possibile dal periodo natalizio”. Giovanna Cosenza, direttrice del corso di laurea triennale in Comunicazione e Digital media dell’Università di Bologna e di San Marino, racconta a Lumsanews l’importanza di una corretta comunicazione sociale e parla della gestione dello scandalo da parte di Chiara Ferragni.

Perché spesso i cittadini si sottraggono alla beneficenza?

“Le persone devono poter verificare che i loro soldi arrivino effettivamente alla causa per cui li destinano. Spesso accade che il comune cittadino non doni perché non è sicuro e si fa mille domande sulle tante intermediazioni presenti e sulla destinazione finale della donazione. Questo è un problema serio che frena le elargizioni. I pochi soldi che donano le persone comuni sono più a rischio dei milioni di euro donati dalle grandi imprese, perché queste possono tutelarsi con avvocati e garanzie varie, le prime non possono farlo. Insomma, in generale è più facile che vada a segno la beneficenza di Chiara Ferragni che la mia”.

Lo scandalo avrà ripercussioni sul sociale?

“Purtroppo sì. In quanto cittadina vorrei davvero che la situazione andasse a finire bene, proprio per evitare ulteriori ripercussioni nell’ambito sociale. C’è tanto bisogno di solidarietà e di collaborazione, ma il rischio è che si crei ancora più diffidenza di quella che già le persone hanno verso la beneficenza per l’incredibile risonanza mediatica che il caso sta riscuotendo”.

E in termini di rapporti tra testimonial e aziende?

“Parlando del caso specifico, stiamo assistendo a una sospensione della credibilità e a una crisi reputazionale del brand Chiara Ferragni, per cui è normale che per un po’ di tempo le aziende aspettino ad associare il loro marchio a questo, come farebbero per qualsiasi altro brand “in stallo”. In generale, non credo proprio che in questo periodo le aziende stiano interrompendo eventuali accordi con altri influencer, inaugurando una “stagione del sospetto”, solo perché hanno paura che capiti la stessa cosa”.

La trasparenza in termini di beneficenza delle aziende è un tema più ampio…

“Coinvolge le aziende a tutti i livelli, da quelle medio-piccole a quelle grandi, fino ai grandi brand multinazionali. Tutte hanno scopi commerciali, ma per questo non bisogna gridare allo scandalo. Purtroppo c’è un atteggiamento di condanna verso tutto ciò che è commerciale, ma finché vengono rispettati l’eticità e la legge ben venga che le imprese facciano beneficenza”.

Cosa pensa della proposta di legge che il governo intende fare per rendere trasparente la comunicazione nelle opere di beneficenza?

“Se riuscissero a fare una buona legge, sarebbe ottima cosa. È importante essere sempre più trasparenti e c’è bisogno di una normativa chiara, ma temo che non si riuscirà a risolvere lo spinosissimo problema delle differenze fra le leggi dei singoli Paesi, quando la beneficenza avviene da parte di brand multinazionali”.

Qual è stato l’errore nella vicenda Balocco-Ferragni?

“Sui fatti c’è un’inchiesta in corso: se ci sono stati errori verrà stabilito e sanzionato da chi di dovere. Quanto al comunicare o non comunicare la beneficenza, non vedo male che una celebrity (non solo una influencer, ma qualunque star della tv, del cinema, della musica) dica apertamente che fa donazioni, perché ciò serve a incentivare altri marchi e le persone comuni ad avere una buona disposizione nei confronti della solidarietà. Comunicare le donazioni aiuta a creare questo buon clima. Purché si agisca in modo etico e trasparente”.

Vede cattiva fede nella comunicazione che Ferragni ha svolto?

“Per interesse professionale e personale seguo la sua comunicazione dalla fondazione del blog “The Blonde Salad” e l’ho sempre ammirata perché è molto capace, diretta, autentica. Fino a qui è stata un’abile comunicatrice: questa è la prima grossa crisi cui deve fare fronte”.

La business community della Ferragni è entrata in crisi dopo questo scandalo?

“La crisi c’è, ma immagino che le sue aziende e il suo staff si stiano attrezzando per superarla. Ricordo che i suoi sostenitori sono ancora moltissimi: ha perso 200 mila followers, che rispetto ai suoi 30 milioni sono una sciocchezza”.

Cosa pensa del fatto che componenti del governo abbiano citato il caso Ferragni? 

“È un bersaglio che in questo momento va per la maggiore: è più facile additare Chiara Ferragni e agitare la bandiera comunicativa del “l’abbiamo messa a posto”, invece che affrontare altri problemi. È la cosiddetta distrazione di massa, sempre più spesso usata dalla comunicazione politica, non solo in Italia: è la tendenza ad attaccarsi al gossip per non parlare di problemi più rilevanti, come quelli della sanità, degli stipendi troppo bassi, della disoccupazione”. 

Come mai è diventata un bersaglio? 

“Perché viene dai social media, perché è un’influencer e perché è una donna giovane e bella che si occupa anche di fashion e di beauty. È più facile prendersela con lei, perché nello stereotipo rappresenta tutte quelle frivolezze che, messe di fianco alla beneficenza, fanno ancora più scalpore”.  

Lei ha già parlato e scritto più volte sulla gestione della crisi da parte di Ferragni. Che cos’ha sbagliato?

“Ha sbagliato ad esempio i tempi, aspettando qualche giorno, dopo che è scoppiato lo scandalo. Ora però non credo stia sbagliando a rimanere in silenzio: meglio aspettare che il discorso politico-mediatico si sposti altrove, meglio uscire dal periodo delle festività natalizie: finché negli scaffali ci sono gli sconti sui panettoni, è meglio che lei stia quieta. È riapparsa su Instagram solo mostrando i bambini, in modo cauto, e per ora è meglio così”. 

E il video di scuse?

“Hanno criticato il fatto che nel video si sia presentata dimessa, ma io trovo che abbia fatto bene, perché chissà come l’avrebbero attaccata se si fosse presentata splendida e luccicante. Certo ha esagerato con il grigio, la voce mesta e certe espressioni facciali troppo cariche: l’effetto di inautenticità nasce da alcuni dettagli eccessivi. Quanto alle lacrime, il suo pianto può essere stato autentico, simulato, o un misto delle due cose. Io credo fosse un misto. Ma questo accade a lei come a tutti. Nel frattempo, sicuramente sta studiando cosa fare a livelli sia legali che di comunicazione. Staremo a vedere se continuerà a fare errori”.

Sofia Zuppa

Nata ad Arezzo, città natale di Petrarca e Vasari, sono migrata nella dotta, la rossa e la grassa Bologna, città dai contorni caldi che mi ha amabilmente cresciuta. Infine sono piombata nell'antica ed eterna Roma. Un viaggio sempre intessuto dall'amore per lo studio e per il giornalismo, una passione che spero un giorno possa portarmi ancora più lontano...