HomePolitica La fronda interna al Pd dopo le dimissioni di Renzi. Ministri con Gentiloni

Fronda interna nel Pd
dopo le dimissioni di Renzi
Ministri con Gentiloni

Si dimette Debora Serracchiani

Per la successione in corsa Zingaretti

di Fabio Simonelli06 Marzo 2018
06 Marzo 2018

La prima bomba l’aveva sganciata Luigi Zanda, capo gruppo Pd  al Senato, subito dopo le dimissioni congelate di Matteo Renzi. «Le dimissioni sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide, si danno senza manovre». La formula utilizzata dal segretario ha fatto storcere il naso alla base democratica, e Zanda non parlava a titolo personale.

La frattura– Il più arrabbiato di tutti è Paolo Gentiloni. Al Presidente del Consiglio non è andato giù il riferimento a una campagna elettorale troppo “tecnica” voluta, secondo Renzi, proprio da Gentiloni, e il giudizio sul suo governo, bollato come un errore. L’accenno al «caminetto» per la scelta del nuovo segretario e la fermezza con cui Renzi ha negato qualsiasi tipo di inciucio con il Movimento Cinque Stelle hanno poi fatto il resto. Gentiloni non ci sta a passare per mercante da accordi sottobanco e lo ha detto chiaramente ai suoi ministri. Sulla barca di Gentiloni infatti sono saliti anche Dario Franceschini, che vuole tentare di riallacciare i rapporti con il Quirinale, Marco Minniti, sconfitto a Pesaro, Graziano Delrio e Maurizio Martina. Tutti poco convinti dell’uscita controllata di Renzi, e desiderosi di aprire una fase completamente nuova.

I nomi– La sensazione che questo lavoro ai fianchi stia pagando. I renziani di ferro sembrano sempre più in minoranza. Lo prova l’annuncio, pochi minuti fa, delle dimissioni della segretaria nazionale Debora Serracchiani, che ha perso, da presidente del Friuli Venezia Giulia, a Trieste. In pole per la successione alla segreteria ci sono Gentiloni, Martina, Delrio e Nicola Zingaretti, riconfermato alla guida del Lazio. Gli outsider però ci sono. Il primo è Carlo Calenda, ministro per lo sviluppo economico che questa mattina si è iscritto al Pd confermando la volontà di risollevare il partito dell’interno. Motivo per cui è stato ringraziato da Gentiloni. Il secondo invece è Andrea Orlando, che nei confronti di Renzi è stato ancor più duro, accusandolo di aver gestito «in modo pressoché solitario linea, organigrammi e candidature».

 

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