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"I viaggi della speranza
l'aspetto più drammatico
della sanità regionale"

Mauro Biffoni dell'Iss:

"C'è un problema di programmazione"

di Alessandra Bucchi04 Febbraio 2024
04 Febbraio 2024

“Al sud ci sono meno oncologi anche perché non ci sono strutture che li richiamano”,  questo costringe tanti pazienti a intraprendere i “viaggi della speranza”. Mauro Biffoni direttore del dipartimento di oncologia e medicina molecolare dell’Iss racconta a Lumsanews “uno degli aspetti più drammatici della difformità delle prestazioni sanitarie in Italia”. 

Il numero dei morti  per tumore è cresciuto in tutte le Regioni dal 2003 al 2023. A cosa è dovuto questo aumento? 

“L’aumento dei morti è dovuto a una crescita dei malati in parte determinata da un allungamento della vita. Questo fattore è considerato come uno dei maggiori fattori di rischio nel mondo occidentale. Anche se poi è stato notato un aumento dei tumori che interessano classi di età precedenti, ad esempio il tumore del sistema nervoso centrale del bambino, come viene evidenziato dal National Counselor Institute.” 

L’aumento di diagnosi è dovuto anche a un aumento di fattori di rischio come l’inquinamento?

“Tra i fattori di rischio rientra sicuramente l’inquinamento ambientale. Basta guardare la distribuzione regionale sembra esserci un’associazione con alcuni fattori di rischio ambientale. Al Sud c’è un’elevata incidenza, ad esempio in Campania.” 

Dal grafico risulta però che il numero morti in Campania per tumore ogni 10mila abitanti è più basso rispetto al nord, e in particolare alla Liguria. 

“Tra i fattori di rischio riconosciuti,  l’unico che vede favorito il mezzogiorno rispetto al nord e quello dell’inquinamento da particolato pm 2.5 che effettivamente vede il sud meno contaminato rispetto al resto del Paese. Tra le altre spiegazioni rientra il fatto che la Liguria ha una popolazione molto più anziana, mentre l’aspettativa di vita al sud è più bassa, almeno in Campania. Si tratta di quasi un anno e mezzo in meno rispetto alle regioni del nord, questo potrebbe essere un indicatore che il servizio sanitario funziona meno bene”.

Se guardiamo il grafico, il numero degli oncologi presenti sul territorio non è distribuito uniformemente, e il numero delle morti non è aumentato di pari passo con gli oncologi. Dobbiamo preoccuparci di questo dato?

“Non so dire quale sia il numero degli oncologici necessario. Non è detto che questi numeri   siano insufficienti. Dobbiamo capire quanto le strutture sono in grado di soddisfare i bisogni dei pazienti. In Calabria ci sono 0,64 oncologi ogni 10mila abitanti, mentre in Basilicata 0,55. Queste regioni hanno tuttavia una fortissima migrazione dei pazienti verso il nord del Paese, dove ci sono più strutture specializzate. Vengono chiamati “i viaggi della speranza”, e questo è uno degli aspetti più drammatici della non uniformità delle prestazioni in Italia. L’Emilia Romagna, il Lazio e la Lombardia drenano una grande quantità di pazienti oncologici dal sud. Mancano le strutture più che i medici, anche se lo 0,55 della Basilicata è un dato molto basso. Nei vari convegni di medicina a cui ho partecipato, tuttavia, non sento mai citare una carenza di servizi tra gli oncologi, ne ho mai sentito le associazioni di categoria lamentarsi della mancanza di oncologi. L’oncologo interviene quando il tumore è in fase avanzata e c’è una terapia medica, ma si spera di agire prima che il tumore arrivi a quello stadio”.

C’è una carenza di strutture specializzate al sud? 

“Al sud ci sono meno oncologi anche perché non ci sono strutture che li richiamano. In giro per l’Italia ci sono moltissimi oncologi calabresi. In Italia c’è un problema di programmazione delle regioni per rendere disponibili dei servizi oncologici di ottimo livello in maniera uniforme nel paese.”

E le liste d’attesa per gli screening? 

“I dati dell’osservatorio nazionale degli screening mostrano come l’offerta e la risposta alle analisi di prevenzione siano molto diverse tra nord e sud, con le Regioni meridionali che hanno risultati più bassi rispetto al settentrione. C’è un problema di organizzazione dei servizi sanitari in quelle regioni”.

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