BRUXELLES – Arriva il via libera, dal Consiglio Ue Affari Interni, al nuovo regolamento su rimpatri e hub in Paesi terzi. L’obiettivo di Bruxelles è quello di istituire procedure a livello Ue per gestire i rimpatri, imporre obblighi a coloro che non hanno diritto di soggiorno e predisporre strumenti di cooperazione tra i vari Stati. L’ok al nuovo regolamento è stato accolto con favore dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “I centri in Albania potranno essere il primo esempio di return hubs”.
La decisione del Consiglio europeo
Nel 2026 entrerà in vigore il nuovo Patto Asilo e migrazione dopo il sì di ieri, 8 dicembre, della maggioranza del Consiglio europeo alle modifiche che andranno a confluire nel testo. Le norme approvate devono essere confermate dal Parlamento prima di entrare in vigore, ma alcuni Paesi — come l’Ungheria — sarebbero pronti a opporsi. Tra le novità contenute nei regolamenti approvati c’è la lista europea dei Paesi d’origine ritenuti sicuri: Bangladesh, Egitto, Tunisia, Colombia, India, Kosovo e Marocco. Ma anche l’istituzione dei cosiddetti return hub fuori dai confiniti europei. Non solo. Nel testo saranno presenti anche le nuove norme sui Paesi terzi sicuri ai quali la Ue conta di trasferire l’esame di una parte consistente delle richieste d’asilo. Approvato anche il riconoscimento reciproco tra i Paesi europei dei provvedimenti di rimpatrio e l’aumento dei tempi di detenzione amministrativa in attesa dell’espulsione.
Commissario europeo Brunner: “Siamo a un punto di svolta”
“Sulla politica migratoria siamo a un punto di svolta nell’Unione europea”. Così il commissario agli Affari interni e l’immigrazione Magnus Brunner a margine del Consiglio Affari interni a Bruxelles, dopo l’approvazione del fondo di solidarietà e del mandato negoziale del Consiglio. “I numeri stanno diminuendo, il che è una buona notizia. C’erano alcuni elementi mancanti, come il concetto di Paese terzo sicuro e l’elenco dei Paesi di origine sicuri, che contribuisce ad alleviare la pressione anche sugli Stati membri”, prosegue il Commissario. “Naturalmente dovremo discutere di come sviluppare ulteriormente l’intero sistema, ecco perché presenteremo la nostra nuova strategia in materia di asilo per i prossimi cinque anni a gennaio”, chiosa poi Brunner sulla possibilità che la Commissione possa finanziare centri di accoglienza fuori dall’Ue.

Piantedosi: “Ora i centri albanesi possono essere return hubs”
“È la svolta che l’Italia chiedeva. Con l’approvazione di questi regolamenti, i centri d’Albania si ricandidano con forza a essere attivi su tutte le funzioni per i quali erano stati concepiti, quindi i luoghi di trattenimento per l’esercizio delle procedure accelerate di frontiera, ma sopratutto a candidarsi a essere il primo esempio di quei return hubs che sono citati proprio da uno di questi regolamenti approvati”. Festeggia il ministro Piantedosi, a margine del Consiglio a Bruxelles, rivendicando il sì del Consiglio europeo come una vittoria politica del governo. “È un’intesa a cui diamo molta importanza. L’Italia ha giocato un ruolo importante, siamo molto soddisfatti”, sottolinea il titolare del Viminale.
La risposta delle opposizioni
Per il segretario di Più Europa Riccardo Magi l’accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo è “un nuovo obbrobrio giuridico che viola il diritto stesso dell’Unione, spiana la strada a contenziosi e ricorsi giuridici e avrà come risultato quello di disgregare l’Ue in tema di migranti, annullando i progressi fatti finora”. Magi è stupito della soddisfazione del governo e di Piantedosi per aver guidato l’Ue “in un pericoloso vicolo cieco da cui è necessario uscire quanto prima facendo marcia indietro. Resta infine il giudizio politico: non sarà inseguendo il flop dei centri in Albania di Meloni che l’Europa affronterà e risolverà le questioni legate al fenomeno migratorio”, conclude Magi. A lui fa eco la nota della delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, per cui Piantedosi “ammette di aver sprecato centinaia di milioni di euro per costruire dei centri che non avevano la cornice legale per poter funzionare”.

Il “modello Albania” ai margini della democrazia
“Il modello albanese per la gestione dei migranti si colloca ai margini della democrazia ed è un paradigma delle nuove forme di esternalizzazione del controllo migratorio e della detenzione amministrativa”. A dirlo è la Fondazione Migrantes nel rapporto sul diritto d’asilo, per cui accordi come quello tra Italia e Albania spostano la gestione dell’accoglienza al di fuori del territorio europeo e riducono la responsabilità politica e morale dell’Unione europea. “Tuttavia le mobilitazioni transazionali hanno dimostrato che è possibile incrinare l’architettura e riaffermare la centralità del diritto e della trasparenza – continua lo studio – ma il modello Albania, piuttosto che essere visto come un ‘mostro’ isolato, va collocato nel continuum delle politiche europee di esternalizzazione, come un banco di prova per la tenuta dei principi democratici e giuridici dell’Unione”, conclude il rapporto.


