Paolo VI nominato “beato”. Papa Francesco: «Ha condotto il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia»

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Una piazza San Pietro sobriamente inondata dall’affetto di circa 70mila fedeli assorti in preghiera, svuotata delle bandiere e dei cori dei Papa Boys, ha salutato, ieri, la beatificazione di Paolo VI, con la quale si è concluso il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, promosso proprio da papa Montini nel 1965. Un’atmosfera, quella che ha invaso il colonnato del Bernini, coerente con la sobria figura di Giovanni Battista Montini, intellettuale assorto nella «società secolarizzata e ostile» del suo tempo, il «timoniere solitario» che «scrutò con coraggio cristiano i segni dei tempi», salito sul Soglio pontificio il 30 giugno 1963 con il nome di Polo VI.

Davanti all’altare con la maglietta insanguinata indossata quando, nel 1970, papa Montini subì l’attentato a Manila, da parte del pittore boliviano Benjamin Mendoza, che lo ferì al costato, una lunga stretta di mani tra papa Francesco e l’Emerito Benedetto XVI, proclamato cardinale proprio da Montini nel 1977, ha rinnovato l’affetto tra i due che non comparivano, insieme, in pubblico, dal giorno della festa dei nonni. Seduto sulla poltrona all’estremità sinistra ai piedi dell’altare, Ratzinger è stato accolto dalla piazza con un lungo applauso, lo stesso che ha salutato lo svelamento dell’immagine sacra che ritraeva il beato Paolo VI a figura intera. Davanti ai fedeli giunti anche dalla Spagna e alla folta schiera dei cardinali più conservatori, come il prefetto dell’ex Sant’Uffizio, Gerhard Müller e Leo Burke, di fronte ai gonfaloni della Lombardia, terra d’origine di Paolo VI che governò, per nove anni, come arcivescovo la diocesi di Milano, Bergoglio ha ricordato le parole con le quali papa Montini istituiva il Sinodo dei Vescovi: «Scrutando attentamente i segni dei tempi cerchiamo di adattare le vie ed i metodi alle accresciute necessità dei nostri giorni e alle mutate condizione della società». Un messaggio, quello di Paolo VI, accolto e messo in atto dal successore Bergoglio, attraverso l’apertura di una Chiesa che spalanca i propri orizzonti su tematiche importanti, dai divorziati agli omosessuali, e che si concreta in quell’abbraccio tra il Papa argentino e il conservatore Ratzinger, che assurge a icona di una Santa Sede che va avanti lungo il sentiero tracciato dai tempi e da una società che si evolve.

Definendo Paolo VI «un grande Papa, coraggioso cristiano, instancabile apostolo», Bergoglio ha ricordato colui che ha saputo condurre «con saggezza lungimirante, e talvolta in solitudine, il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore». Un papato complesso, quello di Paolo VI che accolse in eredità il Concilio Vaticano II lasciato aperto da Giovanni XXIII, che sperimentò il confronto con le spinte del ’68, con l’abolizione delle vecchie forme (dalla Corte Papale all’Indice dei libri proibiti), che visse l’assassinio di Moro. Ma è la lettera agli uomini delle Brigate Rosse a svelare l’uomo Giovanni Battista Montini: un Papa in ginocchio, che implora per la vita di una persona cara, rivendicandone insieme, con orgoglio, statura e valori.

E all’indomani del voto sulla Relatio sinodale, con relative resistenze al cambiamento, papa Francesco, nella giornata conclusiva del Sinodo sulla famiglia, ha esortato a «prendersi cura delle ferite che sanguinano» riaccendendo la speranza per tanta gente che ne è priva, perché «Dio non ha paura delle novità». «Dio solo è il signore dell’uomo” ha ricordato Francesco. Poi, commentando una delle frasi più celebri di tutto il Vangelo, il Papa ha spiegato: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio», frase «ironica e geniale detta da Gesù ai farisei», una «risposta che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio» ha detto il Papa.

La festa che celebra Paolo VI si ripeterà ogni anno il 26 settembre, data di nascita di Giovanni Battista Montini, il papa delle scelte impopolari in tempi di rapidi mutamenti epocali, l’ideatore della Giornata mondiale della Pace, che antepose ad un’esistenza da protagonista, un pontificato silenzioso e riservato, dall’eloquente potenza simbolica.

Samantha De Martin

Samantha De Martin

È nata a Reggio Calabria. Dopo aver conseguito la maturità classica si è laureata in Scienze Umanistiche. Specializzata in Linguistica, ha maturato la passione per il giornalismo grazie ad uno stage nella redazione della rivista “Progress” scrivendo di cultura e viaggi. Ha collaborato con il quotidiano “Cinque giorni” occupandosi della cronaca di Roma. Nel 2008 la passione per la scrittura l’ha condotta alla pubblicazione del romanzo “Pantarei”, vincitore dei premi “Anassilaos” e “Calarco”.