A inizio dicembre del 2024, il governo, attraverso la riformulazione di un emendamento di Pd e Avs al decreto “Fisco” del 26 novembre, ha provato ad innalzare da 25 milioni a più di 40 lo stanziamento previsto dal 2 per mille ai partiti. Tentativo bloccato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha espresso dubbi “sulla necessità e l’urgenza” di affrontare il tema con un decreto legge. Stefano Patuanelli, ex ministro e capogruppo del M5S a Palazzo Madama, racconta a Lumsanews cosa è accaduto.
Senatore, dopo lo stop del Colle aveva detto che l’iniziativa del governo non era “limpida”. Può spiegarsi meglio?
“L’emendamento del centrosinistra proposto in commissione bilancio al Senato prevedeva di aumentare la dotazione del 2 per mille da 25 a 28 milioni di euro. Nella riformulazione del governo non era previsto solo un aumento di quell’importo, ma anche il cosiddetto ‘non optato’. Stando a quella proposta, se lo Stato iscrive a bilancio 35 milioni e i cittadini indicano nel 2 per mille un importo complessivo da destinare ai partiti pari a 20 milioni. I 15 milioni residui non vanno a diminuzione del debito pubblico, ma vengono distribuiti alle forze politiche sulla base delle indicazioni elettorali ricevute”.
E perché il Quirinale ha fermato tutto?
“Perché con un sistema come quello previsto dal governo si scardinerebbe il legame diretto tra la scelta del cittadino e le entrate dei singoli partiti. L’impianto complessivo di una norma così delicata non si può stravolgere con un emendamento presentato nottetempo in Commissione”.
Il M5S è il secondo partito per ammontare di donazioni private: 22,7 mln dal 2020 al 2023. Il grosso, però, quasi 10 milioni, viene dal contributo degli eletti. Nel vostro caso ciò significa che al calare del numero degli eletti, si ridurrebbe una quota consistente di finanziamento. È un meccanismo sostenibile?
“Noi siamo passati dai 333 eletti del 2018 agli 80 parlamentari del 2022. Si tratta di una diminuzione che corrisponde a più del 75%. Frutto anche del combinato disposto del minor risultato elettorale e della riduzione del numero dei parlamentari. Io sono il primo a sostenere che questo sistema non funziona perché si tratta di un finanziamento occulto. Credo che sarebbe più corretto trattenere direttamente una parte dello stipendio di deputati e senatori e aumentare eventualmente la parte di dotazione al partito. Non ha alcun senso avere questo giro di denaro, per cui lo Stato paga chi siede in Parlamento e con un pezzo di quello stipendio i parlamentari si autofinanziano. Mi sembra assurdo. Anche se, in un sistema ideale, il finanziamento pubblico ai partiti, totalmente alternativo al finanziamento privato, sarebbe l’opzione più giusta”.
Se il Movimento volesse proporre una nuova legge su questo, con chi la scriverebbe?
“Credo da solo”.
E allora, visti i vostri attuali numeri in Parlamento, il tema è da rimandare alla prossima legislatura?
“Temo di sì”.