“C’è stato chi ha chiesto di fare le primarie, il congresso, il referendum tra gli iscritti. Va bene tutto. Però chi perde il giorno dopo rispetti chi ha vinto, altrimenti è anarchia”. Matteo Renzi corre ai ripari dopo le minacce di scissione. Massimo D’Alema fa sul serio: un Ulivo 4.0 in caso di risposte ancora negative alle richieste di confronto da parte della minoranza dem. L’ultimo in ordine di tempo che si è detto pronto a lasciare il Pd è Pierluigi Bersani: “Se Renzi forza, il partito democratico è finito”.
Il compito di mediatore spetta a Dario Franceschini. Non parla di date ma dice soprattutto che bisogna pensare a come arrivare al voto. Ma per votare la legge elettorale la strada più corretta è l’unità del Pd. Se da una parte frena il segretario che vuole correre alle urne, dall’altra punta a trovare l’unità del partito.
Ma uno stop arriva anche da Giorgio Napolitano all’indomani di quello che gli organi di stampa hanno definito un patto Pd, Movimento 5 stelle e Lega, per accelerare le modifica della legge elettorale del Senato uniformandola a quella della Camera. Uno scenario che non convince l’ex presidente della Repubblica: “Per togliere la fiducia ad un governo deve accadere qualcosa, non certo per il calcolo tattico di qualcuno”.
Tra deputati de senatori cresce il malessere sia per l’accelerazione alle urne, si studia come estendere l’Italicum non solo alla Camera. I tecnici sono al lavoro sul nodo del premio di maggioranza. Al Senato si dovrebbe riaprire la partita sulla presidenza della Commissione affari Costituzionali, che dovrebbe andare ad un renziano.
