HomePolitica Riforma costituzionale, prove di disgelo tra Renzi e la minoranza Dem a palazzo Madama

Riforma costituzionale, prove di disgelo tra Renzi e la minoranza Dem a palazzo Madama

di Federico Capurso09 Settembre 2015
09 Settembre 2015

renzi-comunicazione1Si sarà usurato il pallottoliere di Matteo Renzi di fronte alla selva di numeri che lo separano dalla definitiva approvazione della riforma costituzionale, ora al Senato. Cinquecentomila emendamenti presentati dal leghista Romano Calderoli, la maggioranza sempre in bilico a palazzo Madama, la trappola del voto in commissione affari costituzionali dove una maggioranza rischia addirittura di non esserci.

L’incontro di ieri sera a palazzo Madama con i senatori democratici è servito a riaprire il dialogo proprio con la minoranza Dem. «Nessuna disciplina di partito», spiega Renzi, rispondendo alle critiche arrivate nel pomeriggio dall’ex segretario Pierluigi Bersani. Piuttosto, dal premier, un richiamo alla «responsabilità», perché «non vogliamo un muro contro muro e i toni profondamente esasperati di questi giorni. Non diciamo prendere o lasciare ma proprio perché è la Costituzione, non hanno senso barricate».

Sull’ineleggibilità dei senatori, intorno alla quale si è acceso lo scontro interno più forte, Renzi chiude però ad ogni possibilità di revisione. Se si mette in discussione l’articolo 2, già approvato sia al Senato che alla Camera, «si rimette in discussione tutto: rischia di valere anche su altro». E i tempi della riforma slitterebbero.

Insomma, si sta preparando il terreno per quell’accordo politico auspicato dal presidente del Senato Pietro Grasso prima della pausa estiva e invocato, anche ora, con più forza: «Ogni giorno che passa senza un confronto vero, a tavolino e non sui giornali, è un giorno sprecato». Grasso chiede l’accordo, altrimenti dovrà decidere sull’ammissibilità del mezzo milione di emendamenti presentati all’articolo 2, aprendo, eventualmente, ad un sanguinoso scontro in aula.

Anche in commissione Affari costituzionali, la presidente Anna Finocchiaro prende tempo e chiede al Pd di trovare un punto di convergenza. Già, perché proprio in commissione i numeri ballano. I rapporti di forza tra maggioranza e opposizione, sulla carta, sono di 14 senatori contro 13. Il problema è che tra i 14 della maggioranza, tre sono della minoranza Dem e oggi voterebbero contro. Dall’opposizione invece solo due senatori sarebbero disposti a votare a favore, ribaltando (anche se di un solo voto) il risultato finale.

L’idea di Renzi sarebbe quella di saltare il passaggio in commissione e arrivare direttamente al voto in aula. Comunque vada, l’equilibrio andrà trovato. La minoranza, dal canto suo, non alcuna intenzione di aprire una crisi e allontana le voci di scissione. Il suo obiettivo, d’altronde, è acquisire peso nelle decisioni del governo e, con i voti dei verdiniani giunti in soccorso del premier, è un peso che si è inevitabilmente alleggerito. Anche Renzi, d’altronde, preferirebbe sfoggiare al suo elettorato la compattezza del partito piuttosto che la stampella di Denis Verdini. E una possibile approvazione al Senato della riforma, con una maggioranza che non sia risicata, sarebbe un risultato in più da appendere al medagliere.

 

 

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