Riforma fiscale di Trumpla Bce prende posizione"Rischi per l'economia Ue"

Nell'anteprima del bollettino economico si citano le "conseguenze complesse"

A due mesi dall’entrata in vigore della riforma fiscale statunitense, stamane la BCE, la Banca Centrale Europea, ha emanato l’anteprima del suo bollettino economico (che verrà diffuso giovedì): nel documento si evidenzia come questa riforma americana “rischi di intensificare la competizione fiscale a livello globale, comportando una possibile erosione delle basi imponibili nei Paesi dell’Ue”. La zona-euro inoltre “sarà influenzata dai cambiamenti nel panorama fiscale internazionale, le cui conseguenze sono altamente incerte e complesse”.

La Bce sottolinea che, se da una parte la riforma potrebbe portare a ricadute macroeconomiche positive, nel momento in cui un’economia statunitense più forte dovesse aumentare la domanda di beni e servizi dell’area dell’euro, dall’altra “la dimensione complessiva dell’effetto sarà probabilmente piuttosto contenuta”. Inoltre la riforma inciderà sulle strategie di pianificazione fiscale delle multinazionali, poiché “le minori imposte sulle società statunitensi aumentano l’attrattiva fiscale degli Stati Uniti rispetto ad altri Paesi”, influenzando il modo in cui le aziende scelgono di investire o spostare i profitti. Lo studio della Bce mette anche in evidenza come sia “stato sottolineato che alcune delle disposizioni internazionali della riforma fiscale statunitense potrebbero non essere conformi alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e alle convenzioni sulla doppia imposizione”. Bisognerà attendere per capire come l’Unione Europea risponderà a questo pericolo di fuga dei capitali verso le coste statunitensi, ed il rischio è che si possa così innescare una guerra al ribasso sui dazi: secondo le parole di Marco Leonardi, consigliere economico della presidenza del consiglio dei ministri e professore di economia alla Statale di Milano, riportate dal quotidiano Il Foglio, “alcune aziende europee potrebbero essere indotte a localizzare la sede principale negli Stati Uniti anche perché quelle che oggi avevano già delle filiali lì, e che magari cercavano di evitare di pagare le tasse in America con trasferimento di beni e servizi, da oggi avranno vita più difficile. Per questa ragione sarebbe opportuna (e ci si attende) una risposta dell’Europa sul livello di tassazione degli utili di impresa e sulla deducibilità delle spese di investimento”.

La riforma fiscale americana, fortemente voluta dal Presidente Donald Trump, inizia a mostrare i primi segni di quella che, in 479 pagine, è la maggiore modifica alle normative fiscali degli ultimi 30 anni. Sul tema, vari studi indipendenti come l’Institute for Family Studies, l’Annenberg Public Policy Center dell’Università della Pennsylvania e il Tax policy center, convergono su un punto: i maggiori beneficiari della riforma saranno gli americani a reddito più alto e le aziende. A fronte di un aumento dei redditi pari a circa il 2,2% di media, alcuni dei ceti meno abbienti della popolazione americana potrebbero andare incontro a una riduzione delle tasse talmente irrisoria da passare inosservata. Secondo gli studi, una famiglia con un reddito fra 48 e 86mila dollari l’anno infatti andrà incontro a sgravi intorno all’1,6%. I nuclei con redditi da 307 a 732mila dollari invece avranno tagli alle tasse pari al 4,1%.

Lorenzo Capezzuoli Ranchi

Nato a Roma durante i mondiali di Italia ’90, è iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Lazio, albo pubblicisti. Dopo una esperienza a New York, dove studia Broadcast Journalism alla New York Film Academy, torna nella Capitale per il Master in giornalismo della Lumsa. Estroverso, spigliato e gran chiacchierone, guarda al prossimo biennio col sorriso.