HomeCronaca Rigopiano, chiusa inchiesta per 25 indagati

Strage di Rigopiano
Concluse le indagini
per 25 indagati

Sette i reati ipotizzati dal pm

"L'hotel non doveva essere costruito"

di Serena Console26 Novembre 2018
26 Novembre 2018
Rigopiano

Dopo 22 mesi di indagini, la procura di Pescara ha chiuso oggi l’inchiesta per la vicenda dell’hotel Rigopiano di Farindola, in provincia di Pescara, in cui persero la vita 29 persone a causa di una valanga che trovolse il resort il 18 gennaio 2017.

In mattinata i carabinieri forestali del Comando Provinciale, guidati dal tenente colonnello Anna Maria Angelozzi, hanno notificato l’atto di conclusione delle indagini a 25 persone, tra cui l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco e il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e diversi dirigenti regionali e provinciali.

Sono sette i reati ipotizzati: disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio, abuso in atti d’ufficio. La Procura non risparmia nessuno: “Il Comune di Farindola non avrebbe dovuto rilasciare i permessi edilizi per l’hotel di Rigopiano”.

Nelle quarantacinque pagine dell’avviso di chiusura indagini non sono presenti però i nomi dei i tre ex governatori della regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, citati invece nel primo registro degli indagati. Il procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e il pm Andrea Papalia contestano all’allora prefetto Provolo e al suo ex capo di gabinetto Leonardo Bianco, anche l’omissione di atti di ufficio e il falso ideologico. Secondo le indagini della Procura, Provolo e il suo collaboratore avrebbero ritardato di due giorni l’apertura della Sala operativa della prefettura e del Centro di coordinamento dei soccorsi, mentendo sia alla Presidenza del Consiglio, sia al ministro dell’Interno.

Dalle indagini di questi ultimi mesi è emerso che i centri per la gestione dell’emergenza maltempo sono stati attivati quattro ore prima della valanga, anziché nei due giorni precedenti alla tragedia, come notificato a Roma dall’ex capo di gabinetto Bianco e dall’ex prefetto Provolo.

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