Roma “anno zero”. Dal Campidoglio al Vaticano si svuotano tutti i palazzi del potere

Da tutto a niente in pochi mesi; per Roma il 2013 è il nuovo anno zero. La città simbolo del potere, crocevia di ogni logica di comando, è ora politicamente “vuota”; in tutti i sensi.

Via il premier e con lui l’intero Parlamento, via il Presidente della Repubblica, via il Sindaco e i Presidenti di Provincia e Regione con le rispettive Giunte (andando a smantellare l’intera spina dorsale di una regione chiave); da ultimo, anche il Papa ha gettato la spugna. Chissà se il Pontefice non abbia sentito il peso, oltre della stanchezza, di dover rappresentare da solo la città eterna.

Nuovi inquilini, dunque, attendono i Palazzi del comando; un calendario di appuntamenti elettorali, quello che ci accompagnerà da qui sino all’estate, senza precedenti e in grado di stravolgere qualsiasi equilibrio all’ombra del Colosseo (e del Cupolone).

Ma andiamo per gradi perché, tra meno di una settimana, si parte.

Volti nuovi a Palazzo Chigi? Il 24 e 25 febbraio le elezioni politiche anticipate dovrebbero dare una nuova maggioranza al Paese. Dovrebbero: perché i segnali che giungono dalla campagna elettorale non sono poi così incoraggianti. Il bipolarismo tanto sbandierato appena cinque anni fa è ormai un ricordo del passato; gli schieramenti si sono moltiplicati e la lotta per la vittoria, pur essendo un “affare a due”, rischia di concludersi senza una chiara indicazione.
Solo un paio di mesi orsono sembrava che il centrosinistra avesse la vittoria in tasca, con Bersani lanciatissimo verso la presidenza del Consiglio; poi molto è cambiato. Berlusconi è sceso nuovamente in campo alla guida del centrodestra, iniziando una rimonta stile 2006 (quando, in nettissimo svantaggio contro il suo avversario Prodi, in poco tempo riuscì a recuperare così tanti voti da insidiare la vittoria del centrosinistra e generando, comunque, ingovernabilità).
E non è detto che il vero obiettivo del Cavaliere non sia proprio questo: costringere, numeri alla mano, il Pd a cercare un accordo post-elettorale per non rischiare di formare un Governo “fragile” in partenza.
Alcuni, addirittura, parlano di un Enrico Letta “premier di transizione” fino all’approvazione di una nuova legge elettorale qualora Bersani non riesca a raggiungere i risultati sperati.
C’è poi la variabile Monti: il Professore ha rotto gli indugi e, dopo un lungo smarcarsi, ha deciso di “restare in campo” dividendo l’elettorato moderato e riuscendo a farsi più nemici che altro. Se a questi tre, poi, aggiungiamo le variabili Ingroia e Grillo, accreditati di un discreto rendimento elettorale, il quadro politico italiano, dalla prossima settimana, potrebbe essere quantomai confuso.

Dal potere temporale a quello spirituale. Ma il vero evento, quello in grado di cancellare dalla lista delle priorità ogni altra notizia, ci attenderà all’inizio del prossimo mese. Si aprirà il Conclave per l’elezione del nuovo Papa e, promettono dalla Curia, entro Pasqua avremo il nuovo vescovo di Roma.
In questi giorni il toto-papa riempie le pagine dei giornali, nulla a che vedere però con il passato; perché l’annuncio shock di Benedetto XVI, oltre a sconcertare il mondo cattolico, sta creando non pochi grattacapi ai vertici Vaticani.
Un colpo di scena pressoché unico nella storia del cristianesimo che da un sapore diverso alle tappe di avvicinamento al Conclave: vuoi perché il vecchio Pontefice sarà ancora vivo, capace dunque di poter in qualche modo “influenzare” la nomina; vuoi perché non è chiaro come verrà gestito il passaggio di consegne.
Per questo la curiosità, più che sull’elezione in sé, si concentra sulle possibili conseguenze che un gesto del genere potrà avere sul futuro del Soglio di Pietro; un precedente tale da rivoluzionare le dinamiche vaticane d’ora in avanti.

Dopo San Pietro, il Quirinale. E se la Città del Vaticano cambia la propria guida, un altro Capo di Stato di appresta a passare la mano. A maggio scadrà il settennato di Giorgio Napolitano e il nuovo Parlamento sarà subito chiamato ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica; un tassello dello scacchiere istituzionale oscurato dal dibattito politico ma anch’esso cruciale.
Salito al Colle con un preciso “colore”, Napolitano ha saputo ergersi al di sopra delle parti in più di un’occasione, dispensando “bastone e carota” in parti uguali a tutti gli schieramenti; una presidenza, la sua, caratterizzata da una profonda crisi economica e istituzionale, con la necessità di ergersi a scudo di una politica troppo poco legittimata. A conti fatti, un bilancio positivo.
Molte le personalità chiamate in causa negli ultimi tempi ma nessuna indicazione concreta sul suo successore; probabile che la prossima maggioranza parlamentare possa chiarire le idee, circoscrivendo il campo a non più di due o tre nomi.

Effetto traino sugli enti locali. In un quadro del genere, il rinnovo dei principali enti locali laziali non può che passare in secondo piano; la partita è però strategicamente importante perché, dalla maggiore o minore unione d’intenti tra il Governo centrale e le amministrazioni territoriali, dipende il futuro di molte riforme istituzionali.
La sfida più importante riguarda certamente il Comune di Roma: il 26 e 27 maggio i cittadini della Capitale saranno chiamati nuovamente alle urne per eleggere il Sindaco; ma non è detto che ci sarà un vero cambio della guardia.
Gianni Alemanno, nonostante le molte critiche lanciate contro la sua amministrazione, ci riprova e si ricandida. Contro di lui nomi grossi; a partire dalla schiera di candidati del centrosinistra che si contenderanno lo spazio in scheda nelle primarie di aprile: i “democratici” Paolo Gentiloni, David Sassoli, Patrizia Prestipino e il vendoliano Luigi Nieri i nomi più accreditati. La novità sarà rappresentata dal terzo incomodo: Alfio Marchini, imprenditore edile con un passato da editore e legato a filo doppio con gli ambienti capitolini “che contano”.
E il compito che li attende è davvero arduo visto che, in passato, Roma ha dimostrato di trasformarsi in un “campo minato” per più di un Sindaco.

Prima di tutto questo, però, c’è una Regione da ricostruire; lo scandalo dei fondi sottratti a gruppi consiliari ha tarpato le ali alla presidenza di Renata Polverini, costringendola a convocare elezioni anticipate. Parallelamente alle politiche, nei seggi, i cittadini del Lazio troveranno quindi anche la scheda per eleggere il nuovo Governatore della Regione; e non importa se a vincere sarà il centrodestra di Francesco Storace, che tenta di bissare il successo del 2000, o il centrosinistra di Nicola Zingaretti, che per l’occasione ha lasciato la presidenza della Provincia: chi la spunterà, infatti, avrà il suo da fare per raddrizzare la rotta di un’amministrazione sull’orlo del baratro.

Per non parlare dell’effetto domino sulla Provincia: la candidatura di Zingaretti alla Regione ha di fatto lasciato vuoto Palazzo Valentini e, dopo l’ubriacatura del prossimo trimestre, si dovrà ragionare anche sulla sua successione.

Fattori che, tutti assieme, generano confusione e incertezza. Perciò si spera che l’estate, aldilà delle alte temperature, ci possa portare un clima politico meno “caldo” ma soprattutto gerarchie certe nella “città eterna”; per riempire uno storico vuoto di potere, interessante da analizzare ma decisamente pericoloso da sostenere.

Marcello Gelardini