HomeCronaca Ruby davanti al Palazzo di Giustizia di Milano: “Torturata psicologicamente per colpire Berlusconi”

Ruby davanti al Palazzo di Giustizia di Milano: “Torturata psicologicamente per colpire Berlusconi”

di Francesca Polacco04 Aprile 2013
04 Aprile 2013

“Voglio difendermi dalle bugie e dai pregiudizi”, e ancora, “La verità non interessa più a nessuno”, queste le scritte sul cartellone a due facce con il quale si è presentata Karima El Mahroug, la giovane marocchina meglio conosciuta come Ruby, questa mattina davanti al Palazzo di Giustizia di Milano. La ragazza, al centro del processo che porta il suo nome sui festini hard nella residenza dell’ex premier Silvio Berlusconi ad Arcore, protesta contro tutti: contro gli avvocati, i magistrati e i giornalisti che l’hanno “fatta passare per una prostituta”. “Voglio protestare per non essere stata sentita, -aveva fatto sapere Ruby alla vigilia- non ne capisco la ragione e intendo dirlo pubblicamente”.
Era stata in realtà convocata al processo nell’udienza dell’11 dicembre scorso, ma era in Messico in vacanza e il tribunale non ha ritenuto di riconvocarla. Pertanto, nel processo in cui Silvio Berlusconi è imputato di concussione e prostituzione minorile non potrà più essere sentita, poiché è in fase di discussione e non c’è più spazio per i testimoni.
L’unica possibilità al momento è quella di essere convocata nel processo in cui sono imputati l’ex talent scout Lele Mora, Nicole Minetti e l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede.
Per questo oggi la ragazza si è presentata sola, senza il suo avvocato e, assediata da microfoni e telecamere, ha letto un comunicato di più pagine, scritte in ottimo italiano. Non ha risposto, però, a nessuna domanda: dopo aver fatto il suo monologo, ha lasciato il cartello ed è andata via lasciando i giornalisti a bocca asciutta. “Ho sempre negato di aver avuto rapporti sessuali a pagamento e soprattutto di averne avuti con Berlusconi: la stampa ha fatto del male a me per colpire lui”, così ha giustificato la sua avversione nei confronti dei giornalisti. E, con la voce rotta dal pianto, ha proseguito: “Sono dispiaciuta di aver fatto una cavolata dicendo che ero parente di Mubarak. Mi scuso anche di altre bugie”. E ha spiegato il perché di quella grossa bugia: “Presentarmi come la nipote di Mubarak mi serviva a costruirmi una vita parallela, diversa dalla mia. Mi serviva a mostrare un’origine diversa, lontana dalla povertà in cui sono nata e cresciuta”.
Per il Cavaliere il procedimento riprenderà il 22 aprile in seguito alla decisione dei giudici di sospendere le udienze in attesa del responso della Cassazione sull’istanza di legittimo sospetto presentata dalla difesa dell’ex presidente del Consiglio. Intanto Ruby si difende e lo fa nella maniera più plateale possibile: “Non ho nulla di cui vergognarmi e nulla da nascondere. Chiedo di essere sentita dai giudici di Milano, spero che mi chiamino -e continua- chiedo che qualcuno ascolti quello che ho da dire, e che questo avvenga nelle sedi istituzionali”.  Poi si è scagliata contro la violenza del sistema investigativo che l’ha segnata profondamente dal punto di vista psicologico: “Ho subito una tortura psicologica -afferma- un atteggiamento apparentemente amichevole ma improvvisamente mutato quando non ho accusato Silvio Berlusconi”.  Aggiunge ancor più duramente di aver capito che è in corso una guerra contro Berlusconi nella quale è rimasta coinvolta, ma -dice- “non voglio che la mia vita venga distrutta”.

 Francesca Polacco

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