L’omosessualità non è più un reato. È la svolta storica dell’India, dove la Corte Suprema ha cancellato la sezione 377 del Codice Penale, che da oltre 150 anni puniva con pene severissime gli omosessuali.
La sentenza della massima istituzione giudiziaria del Paese, che conta 1,25 miliardi di abitanti, è arrivata dopo anni di lunghe battaglie da parte degli attivisti per i diritti civili. Un’analoga decisione della Alta Corte di Delhi era arrivata nel 2009, sentenziando sulla violazione dei diritti fondamentali di un cittadino omosessuale. Nel 2013 poi, era stata cancellata dalla stessa Corte a seguito di una petizione lanciata da una coalizione di gruppi cristiani, indù e musulmani, nonostante avesse efficacia solamente all’interno della regione di Delhi, per poi tornare in agenda nel 2017.
L’articolo in questione, risalente al 1860, era stato mutuato dai colonizzatori britannici. Definiva i rapporti omosessuali come “offese contro l’ordine naturale” e prevedeva il pagamento di una multa e la reclusione fino all’ergastolo per chiunque avesse “volontariamente rapporti carnali contro l’ordine di natura”. Da decenni, la legge era al centro di battaglie giudiziarie.
Lacrime di gioia, trasmesse dalla televisione indiana, sui volti della comunità Lgbt, riunita in festeggiamenti durante la lettura della sentenza. Annunciando il verdetto finale, il presidente della Corte suprema, Dipak Misra, ha osservato che “criminalizzare l’omosessualità è irrazionale e indifendibile” e ha aggiunto che “la legge era ormai diventata un’arma di persecuzione della comunità Lgbt”.
