Tangenti filobus. Mancini: “perché ho preso 60mila euro”
Non convince la procura: “solo mezze verità”

“Ho preso 60 mila euro. Ma solo dopo che l’appalto era stato assegnato”. Così si giustifica Riccardo Mancini, il dimissionario ad di Eur spa, che ha ammesso di aver ricevuto un “regalo” per aver favorito l’appalto di 45 filobus a BredaMenarinibus. Ma l’inchiesta sulla presunta tangente di 850 mila euro, aperta nell’aprile 2012, è ancora aperta e il pubblico ministero Paolo Ielo non è convinto della versione e soprattutto dell’entità della tangente. Presto sfileranno in Procura di Roma i dirigenti di Roma Metropolitane tra cui l’ad Federico Bortoli. Intanto, in carcere qualcuno c’è e si tratta dell’ex ad di Breda Menarinibus, Roberto Ceraudo che è stato interrogato per la seconda volta direttamente da Regina Coeli. Ma il pm Paolo Ielo vuole ricostruire tutti i passaggi di quell’appalto.

Dopo due ore di interrogatorio, venerdì Mancini ha sputato il rospo e ha raccontato al pm la “sua” verità. Messo alle strette dalla situazione che diventa via via più complicata, ha ammesso di aver ricevuto 60 mila euro, senza sapere da chi e a quale titolo. Forse, ha aggiunto, “sono stato ritenuto un personaggio più influente di quello che sono”. Ma la deposizione dell’indagato, parziale e poco convincente, non ha soddisfatto il pm Ielo che non esclude un ulteriore interrogatorio per rimettere insieme i pezzi del puzzle dopo aver interrogato gli altri coinvolti nell’inchiesta. Infatti, fra i conindagati ci sarebbero anche i rappresentanti di Finmeccanica che parlano del manager Mancini come “il braccio destro di Alemanno” e riportano a verbale la sua insistenza nel farsi versare “quanto pattuito” per il via libera dell’appalto.

Non convincono, però, neanche i movimenti di denaro. Ci sarebbero, infatti, 500 mila euro nascosti, tra false fatture e conti svizzeri e 100 mila euro sotto falsa consulenza a una società cipriota. Soldi, raccolti dal business man Edoardo D’Incà Levis, versati da Ceraudo e girati a Lorenzo Cola di Finmeccanica e al suo commercialista Marco Iannilli affinchè li versassero alla “politica romana”, quindi alla giunta capitolina di Alemanno. Ma c’è di più. D’Incà Levis ha precisato che Roberto Ceraudo avrebbe indicato “la segretaria di Alemanno” come destinataria ultima della mazzetta. Per Ceraudo sono 600 mila euro, per la Procura 800 mila, ma quello che non si capisce ancora, è questi soldi dove siano finiti. Fissata a venerdì l’udienza al tribunale per discutere dell’istanza di scarcerazione presentata dal difensore dell’ex ad di Breda Menarini.

Sara Stefanini