Truffa ai Camilliani: sequestro da 1,5 milioni al faccendiere Oliverio

casoriaImmobili del valore di oltre un milione e mezzo di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza di Roma a Paolo Oliverio, il faccendiere romano accusato della truffa ai Padri Camilliani. Secondo la Direzione distrettuale antimafia e la Procura della Repubblica, si tratta di parte dei beni acquistati da Oliverio, e intestati a prestanome, per reinvestire i 10 milioni di euro di cui si sarebbe indebitamente appropriato ai danni dell’ordine religioso. Il faccendiere al momento sta scontando due ordini di custodia cautelare: il primo emesso per la vicenda della truffa e il secondo disposto per l’accusa del sequestro di persona orchestrato al fine di ottenere la nomina di padre Renato Salvatore al vertice dell’Ordine dei ministri degli infermi religiosi camilliani.

Le indagini del nucleo di Polizia tributaria hanno scoperto una serie di trame mediante le quali Oliverio faceva confluire sui suoi conti correnti i fondi che il servizio sanitario nazionale destinava alle strutture ospedaliere gestite dai Camilliani. In particolare – da quanto ammesso dallo stesso faccendiere – ben tre milioni di euro sarebbero stati sottratti al nosocomio di Santa Maria della Pietà di Casoria. Con questi soldi, Oliverio avrebbe acquistato appartamenti e locali commerciali e li avrebbe intestati in maniera fittizia a “teste di legno”. Si tratta di quattro immobili situati tra Roma e due paesi del senese: Montalcino e Buonconvento. In una delle operazioni commerciali finite sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine compare, in qualità acquirente, Carolina Lucarini, la moglie del boss della banda della Magliana Ernesto Diotallevi.

C’è anche un altro nome illustre all’interno delle compravendite d’immobili portate a termine da Oliverio: si tratta della figlia di Lorenzo Borgogni, ex direttore centrale delle relazioni esterne di Finmeccanica. La donna era la rappresentante di una delle società utilizzate per coprire l’acquisto di appartamenti.
Con l’operazione “Codice Da Vinci” si aggiunge un altro importante tassello all’inchiesta sulla truffa ai danni dei Padri Camilliani. Poche settimane fa, è stato disposto il rinvio a giudizio immediato nei confronti di padre Renato Salvatore, il superiore generale dell’ordine. accusato di concorso in sequestro di persona assieme a Oliverio. Episodio che, secondo gli inquirenti, era finalizzato proprio a permettere la salita al potere di padre Renato all’interno dei Ministri degli infermi religiosi camilliani.

Roberto Rotunno

Riceviamo e pubblichiamo in data 1. dicembre 2023 il seguente aggiornamento dall’avvocato Massimiliano Domenico Parla, legale di padre Renato Salvatore.

“Lo strumento delle intercettazioni ancora una volta al centro dell’annosa vicenda giudiziale che ha visto coinvolto Padre Renato Salvatore in una esperienza processuale durata 10 anni, passando per ben tre gradi di giudizio ed uno ulteriore di rinvio alla Corte di Appello di Roma, per dimostrare la sua innocenza; giustizia è stata fatta.
Finalmente, il 4 maggio 2023 l’incubo giudiziario di Padre Renato Salvatore può dirsi risolto, provato e commosso nell’aula della Corte di Appello di Roma, accanto ai suoi difensori gli avvocati avv. Massimiliano Parla e Annarita Colaiuda, entrambi del foro di Roma, ha appresso della propria assoluzione per “non aver commesso il fatto”.
La difesa di Padre Renato Salvatore è riuscita a dimostrare la sua totale estraneità ai fatti riguardo al presunto sequestro di due religiosi suoi confratelli che avrebbero dovuto partecipare alla elezione per confermarlo Superiore Generale del proprio Ordine dei Camilliani, Ministri degli Infermi, ordine presente sui 5 continenti.
Al centro della vicenda processuale ci sarebbero stati alcuni stralci di conversazioni telefoniche ed ambientali che la Procura della Repubblica ha posto alla base del proprio castello probatorio per promuovere l’accusa nei riguardi di Padre Renato Salvatore e che gli avvocati Parla e Colaiuda sin dal primo grado di giustizia hanno contestato, eccependo, sia la loro inutilizzabilità ai fini del decidere, sia la loro irrilevanza ai fini della penale responsabilità dell’ex Padre Generale dei Ministri degli Infermi.
L’esito assolutorio “per non aver commesso il fatto”, ottenuto in Corte di Appello solo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, poteva avvenire molto tempo prima e sin dal primo grado di giudizio se solo l’eccezione dei difensori fosse stata ascoltata ed accolta perché assolutamente fondata come poi ha di fatto dimostrato e confermato la pronuncia della Suprema Corte”.

Roberto Maria Rotunno

Nato a Conversano (BA) nel 1989. Dopo alcune collaborazioni con giornali locali, nel 2009 è diventato giornalista pubblicista. Si è laureato a Bari in Scienze dei Servizi giuridici, con una tesi in Diritto Internazionale sulla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in tema di diritto di cronaca, in particolare giudiziaria. A febbraio 2011, poco dopo aver terminato lo stage al Corriere del Mezzogiorno di Bari, ha iniziato a collaborare con ilfattoquotidiano.it