NEWS ANSA

Sito aggiornato alle 13:03 del 3 ottobre 2025

HomeInchieste Africa oltre gli stereotipi, ultima scialuppa per l’Europa

Africa oltre gli stereotipi, ultima scialuppa per l’Europa

di Leonardo Macciocca03 Ottobre 2025
03 Ottobre 2025

Yaoundé, capitale del Camerun | Foto Pexels

Fame, guerra e povertà. Di Africa si parla poco e quando succede la descrizione non si discosta da questi tre termini. Ma da qualche tempo si fa largo una controlettura che mette in rilievo un racconto sorprendente, di un continente destinato a dettare tempi e modi dello sviluppo mondiale. 

Numeri che parlano di opportunità

Stando ai dati della Banca africana di sviluppo, entro il 2030 oltre il 40 per cento della popolazione giovanile mondiale sarà africana ed entro il 2050 l’Africa rappresenterà più del 25 per cento della popolazione globale, con un incremento fino a 2,4 miliardi e un’età media inferiore ai 25 anni. Dal punto di vista economico, inoltre, l’Africa è già oggi il secondo continente, dopo l’Asia, con il più alto tasso di crescita, con proiezioni per il 2024 e il 2025 che superano quelle medie globali. Numeri che designano il continente come un partner strategico per l’Europa, alle prese, viceversa, con una crisi demografica strutturale. D’altro canto, secondo indagini Ocse condotte in alcuni Paesi africani, l’80 per cento degli studenti delle scuole superiori aspira a una professione altamente qualificata, ma solo l’8 per cento di questi la trova. Dati che mettono in luce come possano convergere gli interessi dei due continenti.

L’ultima spiaggia per Bruxelles

“Il partenariato con l’Africa è per l’Europa l’unica possibilità di sopravvivenza economica”, spiega a Lumsanews l’ambasciatore Pietro Sebastiani, “perché non ci sono più molti spazi di crescita economica all’interno dell’Europa. L’export funziona per pochi Paesi europei in maniera significativa. Inoltre il Vecchio Continente è già indietro di una generazione per quel che concerne le nuove tecnologie”, sentenzia il diplomatico.

Il cambio di passo attraverso formazione e lavoro

È su questo terreno che stanno prendendo forma progetti come il Piano Mattei. Lorenzo Ortona, vicario della Struttura di Missione-Presidenza del Consiglio di attuazione del Piano Mattei, durante la recente tavola rotonda “Educazione, competenze e crescita in Africa ed Europa” svoltasi alla Lumsa, ha sottolineato quanto “la formazione in loco, rivolta al mercato africano” sia un aspetto fondamentale del Piano. “I settori su cui puntare con più convinzione sono l’agroalimentare, l’energia, le infrastrutture, tenendo conto anche della digitalizzazione e della formazione”, spiega a Lumsanews il presidente esecutivo del forum Italia Africa Business Week, Cleophas Adrien Dioma

Creare delle reti 

Parlando di formazione, la Lumsa ha fondato il Centro Universitario Africa Lumsa (Luac), diretto dall’ambasciatore Pietro Sebastiani. L’obiettivo, dice Sebastiani, è quello di “stringere sinergie con il mondo dell’imprenditoria e della cultura”. Per favorire questo processo è stato lanciato un bando per dieci borse di studio per una winter school nella Catholic University of Eastern Africa (Cuea), che si svolgerà a Nairobi, in Kenya, dal 14 febbraio al 1 marzo 2026. 

Dall’aula al mercato

Un’esperienza che unisce l’aspetto accademico a quello pratico e che, come evidenzia l’ambasciatore Sebastiani, permetterà agli studenti della Lumsa di incontrare imprenditori locali e italiani, personaggi del mondo della politica e giornalisti. Allo stesso modo Sebastiani spiega che verranno messi a disposizione altri finanziamenti per frequentare master di secondo livello alla Lumsa, a beneficio di giovani studenti africani. 

Oltre i luoghi comuni

“Uno degli ostacoli principali alla stipulazione di partnership durature tra l’Europa e i Paesi Africani è legato alla rappresentazione dell’Africa secondo stereotipi”, che ne enfatizzano eccessivamente i problemi, spiega l’ambasciatore Sebastiani, secondo cui da ciò ne consegue la necessità di tranquillizzare i piccoli e medi imprenditori. Visione che trova d’accordo il presidente Dioma, che testimonia quanto sia fondamentale lavorare per cambiare il punto di vista dal quale l’Europa guarda all’Africa: passare perciò dall’idea di un continente da aiutare a quella di un continente con cui collaborare.

Ombre e nodi irrisolti

Affinché possano realizzarsi collaborazioni sistematiche, è tuttavia necessario conoscere il terreno dove si intende operare. Riferendosi in particolare alla regione subsahariana, Giovanni Carbone, professore ordinario di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Milano e responsabile del Programma Africa dell’Ispi, elenca alcuni punti critici che hanno caratterizzato gli ultimi tempi. “La crescita economica dell’area aveva cominciato a rallentare già dieci anni fa”, spiega. “Inoltre i conflitti sono tornati ad essere diffusi in un certo numero di aree nella regione”, aggiunge l’esperto. Marco Di Liddo, analista senior e responsabile del desk Africa del Centro Studi Internazionali (Cesi), descrive il modello economico del continente africano ancora in transizione, non ancora pronto ad assorbire la forza lavoro altamente specializzata. 

Concorrenza spietata

Un altro aspetto da considerare riguarda i competitor, come la Cina, che secondo Di Liddo “è presente in maniera estesa in oltre il 70 per cento del continente, con massicci investimenti esteri diretti e un’influenza politica ed economica, discreta, ma profonda”. Nonostante il suo ruolo di indubbia influenza, Pechino è comunque ben lontana dal dominare la regione. “L’Angola, ad esempio, per tanti anni è stata molto vicino alla Cina e quando si è accorta che era troppo dipendente e indebitata, ha iniziato a smarcarsi parzialmente, avvicinandosi agli Stati Uniti e agli europei”, spiega Carbone. Anche la Turchia è un attore molto attivo nella regione, con investimenti su infrastrutture e formazione in Senegal e Burkina Faso. “Non vengono a dare lezioni di democrazia. A volte l’idea che qualcuno decida che tipo di rapporto devi avere con tuo il popolo non va bene”, dice il presidente Dioma, auspicando un cambio di atteggiamento da parte dell’Occidente. Mentre la Russia “non è un partner commerciale imprescindibile e ha un interesse più contenuto rispetto alle materie prime africane, in quanto Paese esportatore dal punto di vista energetico”, conclude Carbone.

Questo lo scenario in cui si inseriscono progetti come il Piano Mattei o il Global Gateway che, secondo l’analisi del professor Di Liddo, avranno un impatto dirompente se riusciranno a creare valore aggiunto sul territorio, “a fare in modo che quelle attività non abbiano soltanto un ritorno per l’economia e la società italiana, ma creino un mercato locale in cui aziende congiunte italo-africane o italiane possano operare in pianta stabile”.

Ti potrebbe interessare