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“Con una disabilità psichica vieni scartato dalle aziende anche nelle categorie protette”

di Chiara Di Benedetto03 Novembre 2025
03 Novembre 2025

Monica e Roberto sono i genitori di Tommaso, un ragazzo di 25 anni che, come ogni altro giovane della sua età, vorrebbe trovare un lavoro, realizzarsi, dare un senso alle proprie giornate. Tommaso però è affetto da autismo, e questo, in una società in cui le aziende hanno delle preferenze anche tra le disabilità, lo esclude automaticamente dal mercato del lavoro. I suoi genitori raccontano a Lumsanews le difficoltà e le paure per il futuro del figlio, al quale ogni giorno viene negato il diritto di vivere come un adulto.

Si parla tanto di disabilità e autismo tra i bambini, a scuola. Poi però quei bambini crescono e cosa succede? La società smette di vederli?

“Praticamente sì. Nostro figlio, raggiunta la maggiore età, non ha avuto una struttura dedicata che lo seguisse, trovandosi anche a condividere il Cim (Centro di igiene mentale) con i pazienti affetti da tante altre patologie”.

Come genitori vi siete sentiti abbandonati dallo Stato?

“Sì, molto”.

Di cosa o di chi avreste avuto bisogno?

“Di una maggiore preparazione e specializzazione, a partire dal sostegno scolastico, svolto da insegnanti di passaggio, laddove sarebbe necessaria un’alta specializzazione. Di strutture ad hoc presso le Asl, anche per i maggiorenni, e di tutor gratuiti per l’affiancamento e l’introduzione al lavoro”.

Perché è importante aiutarli a trovare un impiego?

“Per la loro sanità mentale, come per quella di qualunque altro uomo, ma con maggiori ripercussioni sul loro stato psichico. La difficoltà nel trovare lavoro è direttamente proporzionale al loro desiderio di ottenerlo. Questa situazione porta ad un alto grado di frustrazione e depressione che va a ledere profondamente la loro dignità umana. Lo spettro autistico li rende diversi, tuttavia capaci di svolgere alcune mansioni con risultati addirittura migliori dei cosiddetti normali”.

Rispetto a questo, quali sono le difficoltà che incontrate quotidianamente?

“Le difficoltà più grandi si trovano nella totale assenza di disponibilità da parte delle aziende ad accettare soggetti autistici. Sebbene appartengano alle categorie protette, non trovano spazio nel contesto lavorativo perché a loro si preferiscono i portatori di disabilità fisiche e non psichiche”.

Cosa pensate, come vi sentite, quando immaginate il futuro di vostro figlio?

“Siamo preoccupati e addolorati per il fatto che, senza aiuti, sarà difficile per lui vivere in autonomia e avere una rete di rapporti sociali, che sono vitali per ogni essere umano e soprattutto per ragazzi come lui. La paura più grande è che abbia un futuro incerto pieno di solitudine e abbandono”.

Attualmente state lavorando per aiutare i ragazzi autistici nel mondo del lavoro. Qual è il vostro piano, i vostri obiettivi?

“Vogliamo fondare una cooperativa che si occupi di formazione per il lavoro. Prevediamo anche lo sviluppo di una startup che punti sulle capacità specifiche dei ragazzi autistici, in genere diverse da soggetto a soggetto, e per offrire lavoro specialistico alle aziende”.

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