Il più giovane, il più inesperto, il più divisivo. Ma, forse, anche il più scaltro. Zohran Mamdani, eletto sindaco di New York il 5 novembre 2025, è questo e molto altro. Dietro quel sorriso enigmatico ma trascinante si nascondono anche tutte le sicurezze e le fragilità dei “millennials”, la generazione alla quale appartiene questo trentaquattrenne che ha sbaragliato una vecchia volpe della politica come Andrew Cuomo.
È il più giovane: erano più di cento anni che la Grande mela non aveva un mayor della sua stessa età. È il più inesperto, come lui stesso ha ammesso nel 2021 a Kenny Burgos – un collega deputato del parlamento statale – quando discutevano su chi avrebbe potuto sfidare quattro anni più tardi il sindaco Eric Leroy Adams. “Sono troppo giovane”, rispose lui, “non mi prenderebbero sul serio”. È anche il più divisivo, capace di spaccare i newyorkesi e in particolare la comunità ebraica coccolata dal presidente americano Donald Trump.
Con la sua macchina comunicativa Mamdani è riuscito a ribaltare questi tre handicap e a parlare agli elettori più giovani senza dimenticare l’elettorato più maturo e disilluso.
Dall’hip hop alla politica, come Mr. Cardamom è diventato Mayor of New York
Una macchina forte dell’aiuto di oltre 100 mila volontari che hanno bussato a più di 1,6 milioni di case ed effettuato oltre 2,3 milioni di chiamate tra gli elettori della città. Numeri da record. Tra loro musulmani, attivisti di sinistra e inquilini di appartamenti con affitto a canone calmierato, che rappresentano oltre il 40% dei newyorkesi.
Democratico socialista, afro indiano, musulmano e sostenitore dei palestinesi, un anno fa Zohran Mamdani era uno sconosciuto, un underdog noto solo nell’ambiente ristretto dell’hip hop, col nickname di Mr. Cardamom.
Come è riuscito un Mr Nobody qualunque, figlio di immigrati – seppure di un certo calibro – a emergere e a spuntarla su Cuomo? Grazie alla sua immagine, anzitutto. O, per meglio dire, grazie all’immagine di sé che ha saputo vendere. Non rigida e lontana come il suo sfidante, né anonima come il terzo contendente, il repubblicano Curtis Sliwa del quale nessuno sembra avere memoria.
“La strategia”, spiega a Lumsanews Francesco Nicodemo, ex spin doctor di Matteo Renzi, ”è evidente: costruire l’immagine di un candidato dal basso”. E che avesse, nel suo programma, temi chiave: abbassare il costo della vita, investire nel trasporto pubblico, tassare di più le fasce più ricche e, per ultimo, raggiungere le comunità marginalizzate della città.
Per riuscirci, memore delle battaglie contro gli sfratti e a favore dei tassisti, vuole bloccare il prezzo degli affitti, costruire condomini, creare supermercati gestiti dal comune, alzare il salario minimo cittadino entro il 2030 e rendere gratuito il servizio di trasporto pubblico. “Ed è vitale che riesca a farlo in fretta, quantomeno in parte”, commenta Mattia Diletti, sociologo all’Università La Sapienza.
Giovane, multietnico e alla prima esperienza: ecco il team d’élite dietro la vittoria
Dietro questo programma c’è un team giovane la cui età media non supera i 32 anni. Figli della “gen Z”, la prima generazione nativa digitale. Tutti, fino a poco fa, fuori da ogni radar, alla prima esperienza politica e membri della New York bene, ricca e privilegiata. A loro si aggiungono la madre Mira Nair, filmmaker candidata all’Oscar, il padre Mahmood, professore alla Columbia University, e la moglie Rama Duwaji, animatrice e illustratrice.
Elle Bisgaard-Church, 34 anni, braccio destro di Mamdani, ne ha diretto la campagna elettorale durante le primarie. Morris Katz, 26 anni, consigliere politico, ha il compito di confrontarsi con la comunità ebraica della Grande Mela. Andrew Epstein, 38 anni, direttore creativo: la mente dietro ai video di Mamdani. Julian Gerson, 28 anni, la voce dietro gli stessi video. Zara Rahim, 35 anni, è l’unica con esperienza, avendo già lavorato con Vogue e per la campagna elettorale dell’ex presidente americano Barack Obama.
E poi c’è Rama Duwaji, la moglie. Sarebbe lei l’eminenza grigia dietro la schiacciante vittoria del marito. Nata a Houston, in Texas, il 30 giugno 1997, Duwaji ha origini siriane. Figlia di uno sviluppatore di software e di un medico, ha completato la sua formazione alla School of Visual Arts, college privato a Manhattan.
Collabora con musei e grandi testate come il Washington Post e il New Yorker. Anche lei, come il marito incontrato sulla piattaforma online Hinge, proviene da una famiglia abbiente e culturalmente impegnata. Ciò che ha colpito, però, non è solo il suo background, quanto il fatto di essere rimasta quasi sempre dietro le quinte della campagna.
Fondamentale anche la pioggia di donazioni. Chi ha ricevuto più fondi è stato proprio Zohran, grazie ai piccoli donatori. A dare una grossa mano, poi, la città di New York tramite un programma che corrisponde il valore delle donazioni con fondi pubblici. Così il dem è arrivato alla cifra astronomica di 17,1 milioni di dollari, rispetto ai 14 dell’avversario Cuomo.
Un personaggio creato per la gente comune, tra la gente comune
È stato questo gruppo a pensare a tutto. “Hanno indovinato un messaggio”, continua Diletti, “che rispondeva a esigenze individuali e collettive”. Mostrarsi raggiungibile, vicino al newyorkese medio, quello che cena con una slice di pizza da due dollari e che fatica ad andare avanti.
Facile il paragone con Obama. Ma quanto c’è del primo afroamericano alla White House nel primo afroindiano alla Gracie Mansion? “Argomento scivoloso”, avverte Gianluca Pastori, analista Ispi. “Per Mamdani l’idea di appiattirsi su Obama è penalizzante. Deve essere sé stesso”.
C’è un solo punto di contatto. “Sono entrambi espressione degli Stati Uniti che cambiano”. Stesso discorso per quanto riguarda i confronti tra Mamdani e la neoeletta vicepresidente della Regione Toscana Mia Diop. Sintomo, per lo più, dei tempi che cambiano e di una politica che cerca di adeguarsi.
A poco meno di due mesi dall’inizio del suo mandato è stato anche nominato il transition team che affiancherà Mamdani. Una squadra tutta femminile guidata da Elana Leopold e affiancata dalle ex vicesindache Maria Torres-Springer e Melanie Hartzo. Avrebbe avuto il via anche il processo per assumere 200 legali da schierare in caso di attacchi del presidente Trump, che minaccia di tagliare i fondi alla città. Non resta che aspettare il prossimo 1° gennaio, quando inizierà davvero l’era Mamdani.


