Negli ultimi anni diverse fondazioni politiche hanno aperto percorsi di formazione rivolti ai giovani. Tra queste la Fondazione Tatarella, guidata da Francesco Giubilei, che dal 2020 promuove una scuola politica attiva sia in presenza che online. Giubilei è anche direttore scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale. Con lui Lumsanews ha approfondito il senso della formazione politica oggi e il ruolo dei giovani nei partiti.
Di che cosa si occupa la scuola di formazione della Fondazione Tatarella?
“Organizziamo cicli di formazione politica rivolti a giovani e non solo. Anche quest’anno li abbiamo svolti. È possibile partecipare sia in presenza sia online. Chiediamo una quota simbolica di iscrizione, circa 50 euro”.
Chi partecipa?
“Il profilo è misto: ci sono studenti universitari collegati da remoto e persone del territorio che militano politicamente o sono interessate ad approfondire temi culturali e istituzionali. L’età media varia molto”.
Quanti iscritti avete registrato nell’ultima edizione?
“Circa ottanta partecipanti tra digitale e presenza”.
Com’è strutturato il percorso?
“Sono incontri settimanali per un totale di sei o sette lezioni centrali. Poi offriamo la possibilità di partecipare anche a eventi della fondazione, come presentazioni di libri o conferenze, che sono complementari. In totale la scuola si svolge da settembre a gennaio, quindi dura tre–quattro mesi”.
Quanti dei partecipanti sono iscritti a un partito?
“È un dato che non chiediamo. La scuola è aperta a chiunque: anche un ragazzo o una ragazza di centrosinistra potrebbe partecipare. Certo, alcuni sono iscritti a partiti del centrodestra come Fratelli d’Italia, ma non c’è né un obbligo né un censimento”.
La Fondazione Alleanza Nazionale svolge attività simili?
“No. La Fondazione AN organizza eventi e conferenze, spesso in sedi istituzionali, ma non una vera scuola di formazione politica”.
In Italia la formazione politica non è più strutturata come nella Prima Repubblica. È un problema?
“Sì, ed è un problema trasversale, non solo del centrodestra o del centrosinistra. Le scuole di formazione sono necessarie: la militanza sui territori resta fondamentale, ma va accompagnata da un approfondimento culturale e legislativo. Capire come funziona un comune, il Parlamento, il processo legislativo, è parte integrante della politica. L’assenza di percorsi formativi ha contribuito allo scadimento della classe dirigente”.
Gli episodi recenti – come i cori fascisti cantati nella sede di Fratelli d’Italia a Parma – sono un segnale di questa mancanza?
“Assolutamente sì. Non bisogna generalizzare, perché in Italia ci sono tanti giovani preparati e impegnati. Ma quando mancano figure in grado di accompagnarli, di fare da esempio, i rischi aumentano. Se non ci sono maestri, i giovani non vengono guidati e si verificano episodi come quelli a cui abbiamo assistito”.
Esiste però anche l’effetto opposto: giovani presentati come “simboli” di rinnovamento senza reale integrazione nei ruoli decisionali.
“È il problema della retorica del ‘giovane perché giovane’, simile a quello delle quote. Non si deve dare spazio ai giovani per l’età anagrafica, ma per la preparazione, le capacità e ciò che possono apportare. Altrimenti diventano strumenti, e questo non fa bene né ai giovani né alla politica”.


