La premier Giorgia Meloni e il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu a Roma, il 9 marzo 2023 | Foto Ansa

A caccia di energiaI bilaterali di Meloniin Italia e all'estero

Accordi con Algeria, Libia, Eau, Israele Per Amnesty poca attenzione ai diritti

L’incontro della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, a Roma il 9 e il 10 marzo 2023, è stato solo l’ultimo di una serie di bilaterali organizzati dal governo per far fronte alla crisi energetica scaturita dalla guerra in Ucraina. E per rilanciare il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e in Europa.

“Trasformare le crisi in opportunità” è uno dei motti di Meloni, che fin dal suo insediamento, in ottobre 2022, ha manifestato la precisa volontà di sviluppare una politica estera proattiva e assertiva. In linea con quella del precedente governo di Mario Draghi, responsabile della gestione della prima fase del conflitto in Ucraina e delle sue conseguenze economiche e geopolitiche. Tra il 2021 e metà 2022, Draghi si era recato in Libia, Algeria, in Israele e nei territori palestinesi. Quasi le stesse tappe percorse dall’attuale premier, incaricata di continuare il progressivo allontanamento dell’Italia dalla dipendenza dalle fonti fossili russe. In stretta cooperazione con Eni, che nell’ultimo anno ha consolidato la sua posizione in Nord Africa e in Medio Oriente.

A Roma, Netanyahu ha espresso la volontà di ampliare la cooperazione con l’Italia, affermando il sostegno alla partnership con Eni, che può essere spinta “a un livello ancora superiore”. Partecipando al Forum economico con le imprese italiane, il premier israeliano ha annunciato di stare valutando di aggiungere una struttura per il gas liquefatto per poterlo portare in Europa”. Ambizione che si incastra perfettamente con quella di Meloni, determinata a rendere l’Italia un hub di distribuzione del gas al resto del continente.

Per ampliare la cooperazione tra Italia e Israele, in settori che spaziano dall’agricoltura all’intelligenza artificiale, Netanyahu ha invitato la premier a Gerusalemme, “accompagnata da 50 o 100 aziende”. I due leader si sono poi salutati con la promessa di organizzare nel giro di pochi mesi un nuovo vertice intergovernativo, passati dieci anni dall’ultimo.

L’impegno di Meloni in politica estera si è visto fin dalle prime settimane di governo. La premier ha inaugurato l’anno con una visita ad Algeri, accompagnata dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. Tra i risultati dell’incontro con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune vi è la firma della dichiarazione congiunta per i vent’anni del trattato di amicizia tra i due Paesi e l’accordo per un gasdotto Algeria-Sardegna per trasportare “gas, idrogeno, ammoniaca ed elettricità”. Non scontato, dal momento che il Mediterraneo centrale è regione di contesa marittima, in questo caso proprio tra l’Algeria, che aveva tracciato i confini della propria Zona economica esclusiva (Zee) a ridosso delle coste occidentali sarde, e l’Italia, che vedeva le pretese algerine sovrapporsi alla propria Zona di protezione ecologica (Zpe).

Rilevanti dunque le due intese firmate tra Eni e la sua omologa algerina, finalizzate sia a incrementare il flusso di gas dallo Stato nordafricano verso la nostra penisola, ma anche a ridurre le emissioni di gas serra e cooperare per garantire lo sviluppo sostenibile dei due Paesi. Tra i settori di collaborazione con l’Algeria ci sono quello “delle infrastrutture, comprese quelle digitali, il biomedicale, e le telecomunicazioni”, ha dichiarato Meloni. Inoltre, Confindustria ha firmato un protocollo di partenariato con il Consiglio per il rinnovamento economico algerino (Crea), mentre l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e l’Agenzia spaziale algerina (Asal) hanno siglato un memorandum di intesa per approfondire la loro relazione.

Una cooperazione a 360 gradi, quindi. Per la presidente del Consiglio “l’Algeria, nel Nord Africa, è il partner più stabile, strategico e fondamentale”. Ed è per questo che il governo italiano vorrebbe lavorare con quello algerino anche per stabilizzare la regione, in particolare il Mali e la Libia.

Tripoli è stata infatti la meta immediatamente successiva del tour africano di Meloni, di nuovo seguita da Descalzi ma anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Negli incontri con il primo ministro del governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Dbeibah, e il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed Yunis Ahmed Al-Menfi, è emersa un’altra questione fondamentale per l’Italia, quella dei flussi migratori che partono dal Nord Africa. Insieme all’accordo da otto miliardi di dollari per aumentare la produzione di gas a favore del mercato interno libico e garantirne l’esportazione in Europa, infatti, è stata anche stretta un’intesa sul sostegno alla Libia nel campo della ricerca e del soccorso di migranti in mare.

Ma per Rossella Muroni di Green Italia “finanziare e sostenere la Guardia costiera libica significa essere complici di violazioni di diritti umani e crimini contro l’umanità” poiché la Libia “non è né un porto né un Paese sicuro”.

Critiche simili sono state rivolte al governo dopo il viaggio di Meloni negli Emirati Arabi Uniti, il 3 marzo 2023. Ad Abu Dhabi la premier ha sottoscritto due dichiarazioni di intenti, una relativa alla partnership strategica tra i due Paesi, l’altra al perseguimento congiunto degli obiettivi ambientali indicati dall’Onu, con gli Emirati che ospiteranno a novembre la conferenza sul clima Cop29. A margine dell’incontro tra Meloni e il presidente degli Eau Mohamed bin Zayed Al-Nayan, Eni e la compagnia petrolifera emiratina Adnoc hanno firmato un accordo di cooperazione in materia di transizione energetica.

Inoltre, a inizio febbraio, in concomitanza con una visita del ministro della Difesa Guido Crosetto negli Eau, Meloni aveva parlato al telefono con il principe ereditario e primo ministro dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman, sempre al fine di garantirsi risorse energetiche dal Golfo Arabo.

Di nuovo, dunque, la questione dell’energia e quella dell’ambiente, inevitabilmente intrecciate, confliggono tra loro, con la contraddizione tra la volontà di aumentare l’approvvigionamento di risorse fossili e al contempo procedere con la transizione ecologica. Ma il dossier energia si scontra anche con quello dei diritti umani. Come ricorda Roberto Noury, portavoce di Amnesty International Italia, “il governo intrattiene rapporti con Stati in cui c’è un profondo deficit democratico, come l’Algeria, l’Azerbaigian, le monarchie del Golfo, la Libia, l’Egitto”. Per Noury l’Italia “dovrebbe contemperare le esigenze dettate dalla crisi energetica in corso con la necessità di rispettare i diritti delle persone”.

Dello stesso parere è Benedetta Scuderi di Europa Verde, per cui il governo dimostra una “totale assenza di volontà sullo sviluppo delle rinnovabili che vedono un aumento percentuale annuo bassissimo e quindi insufficiente a raggiungere gli obiettivi europei”.  Le procedure accelerate per approvare infrastrutture come il rigassificatore di Piombino, contro quelle farraginose legate allo sviluppo delle rinnovabili sarebbero la dimostrazione che quella del governo Meloni è “un’agenda cucita su misura per favorire la lobby del fossile a discapito del nostro futuro”.

Veronica Stigliani

Laureata in Relazioni Internazionali presso l’Università di Bologna nel 2019 con una tesi intitolata "States and non-state actors in the Middle East", collaboro con The Euro-Gulf Information Centre (EGIC), OSMED-Osservatorio sul Mediterraneo e La fionda.