ROMA – Dopo la notizia dell’iscrizione della Presidente del consiglio Giorgia Meloni nel registro degli indagati per il rilascio del generale libico Almasri, la polemica infiamma la Camera dei deputati. I ministri di Giustizia Carlo Nordio e Interno Matteo Piantedosi, anche loro indagati, disertano l’Aula e gli avversari insorgono. “Non ci sono giustificazioni per sottrarsi al confronto su un tema così grave e rilevante per il Paese”. Così i capigruppo dell’opposizione alla Camera in una lettera indirizzata al presidente di Montecitorio Lorenzo Fontana, chiedendo una “immediata convocazione della Conferenza dei capigruppo”.
La comunicazione dell’iscrizione – “un atto dovuto”, fanno sapere dalla Procura di Roma – è stata data dalla stessa premier ieri 28 gennaio, che subito ha gridato all’attacco al governo da parte della magistratura. Indagata per favoreggiamento e peculato, Meloni ha sganciato la notizia bomba in due minuti e 16 secondi. Tanto dura il videomessaggio diffuso sui canali social ufficiali della premier. “Un avviso di garanzia”, dice, “inviato anche ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano, presumo al seguito di una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi. Non mi lascio intimidire”.
Non si è fatta attendere la replica di Luigi Li Gotti. Intervistato dal quotidiano Repubblica, ha ricordato la sua lunga militanza nel Movimento Sociale Italiano e dice di aver “fatto quell’esposto da cittadino sdegnato rispetto a quanto accaduto, l’aver liberato un signore che era accusato dalla Corte penale internazionale di tortura, assassinio, violenza sessuale, minaccia e lesioni a un numero imprecisato di vittime”. Da quanto riferito dall’Ansa, nella mattinata di oggi 28 gennaio è previsto un vertice di governo a Palazzo Chigi, ma secondo fonti dell’esecutivo il caso Almasri non sarà al centro della riunione.