Cisl, Ferdinando Uliano"Fermare la fuga dall'Italiadelle multinazionali estere"

Il sindacalista chiede un intervento del governo nel settore automobilistico

Ferdinando Uliano, Segretario Nazionale Fim – Cisl su automotive e transizione elettrica chiede interventi urgenti al Governo. “Finora si è fatto poco. Serve l’istituzione di due fondi: uno sulla produzione e uno per i lavoratori”.

Automotive e transizione ecologica, cosa chiede la Fim-Cisl al Governo?

“Abbiamo aperto un tavolo ministeriale con il Ministero dello sviluppo economico. Stiamo sollecitando un’azione sinergica nel settore dell’auto, perché siamo nel bel mezzo di una transizione e il governo ad oggi non ha definito una strategia all’altezza delle sfide. In particolare, chiediamo la creazione di un fondo per aiutare il processo di cambiamento delle motorizzazioni e un altro per i lavoratori. Bisogna fare una politica industriale che abbia come obiettivo quello di interrogarci su quale componentistica servirà in futuro e fare in modo che la produzione resti nel nostro paese. Solo in questo modo si può compensare la perdita occupazionale nel settore dell’endotermico, stimata intorno alle 60mila unità entro il 2035”.

Cosa si è fatto?

“Quasi nulla. Abbiamo avuto tre incontri per discutere di mercato, produttori, concessionari e rete di distribuzione. La data del 2035, anche se in discussione, condiziona produttori e consumatori. Si deve aprire un processo di reindustrializzazione delle produzioni elettriche e della componentistica che attualmente importiamo”.

Come intervenire sui lavoratori?

“Esistono due problemi. Il primo riguarda la tutela del reddito, il secondo, invece, è legato alla formazione. Le competenze richieste nell’ambito delle produzioni elettriche sono infatti completamente diverse rispetto a quelle utilizzate nell’endotermico. Se non vogliamo esuberi e licenziamenti servono robusti interventi volti a cambiare le competenze degli addetti del settore e naturalmente più ammortizzatori”.

Tanti i tavoli di crisi aperti nel settore dell’automotive.

“Ricordo quello di Vitesco a Pisa, azienda che produce nella componentistica, con 700 esuberi dichiarati. Ma c’è anche la Bosh di Bari, la Denso di Vasto e ancora la Marelli. Le multinazionali stanno decidendo dove posizionare la componentistica dell’elettrico e quindi del futuro. È chiaro che c’è preoccupazione in Italia, perché c’è il rischio che i produttori decidano di spostare la produzione. Bisogna chiedere alle multinazionali cosa gli serve per avviare altre produzioni e permettere la transizione. Bisogna farlo in tempi brevi. Dobbiamo portare in Italia produzioni che non ci sono: batterie, conduttori e componentistica in generale. Se riusciremo a farlo la gestione della transizione sarà più sostenibile dal punto di vista sociale”.

 E il tavolo Stellantis?

“Ne stiamo discutendo sito per sito, in modo da capire quali produzioni verranno destinate ai vari stabilimenti e garantire l’occupazione. Anche Stellantis è investita dal cambiamento della motorizzazione perché ci sono vari stabilimenti legati all’endotermico. Sono quello di Pratola Serra, dove si fanno i motori commerciali diesel; quello di Termoli, dove si producono quelli a benzina e VM di Cento per i veicoli diesel di grosse dimensioni destinati al mercato americano. A Termoli il gruppo ha ufficializzato una gigafactory che guarda all’elettrico, ma bisogna vedere quanta occupazione sviluppa e quali interventi di natura formativa fare. Ci sono poi tanti altri stabilimenti su cui si concentra la nostra attenzione”.

Cosa c’è nel Pnrr per l’automotive elettrico?

“Ci sono fondi destinati agli investimenti sulla rete di rifornimento, ma non bastano le colonnine. Servono anche bonus per facilitare l’acquisto di macchine elettriche, in una fase in cui i produttori non sono in grado di produrre auto allo stesso prezzo dell’endotermico. I gruppi dicono che i prezzi scenderanno nel giro di 3-4 anni. Bisogna però agevolare questo percorso di riduzione dei prezzi”.

Negli ultimi mesi stiamo assistendo a un costante calo delle vendite di veicoli. Da cosa dipende la crisi?

“Dipende dalla carenza di semiconduttori. Un problema che condiziona persino ordinativi, acquisti e tempi di consegna dei veicoli. Tutto ciò si riflette sulla componentistica. Rischiano la crisi anche aziende non coinvolte nel cambio di produzione. La crisi sui semiconduttori, ottimisticamente durerà fino a giugno 2022, ma si teme possa perdurare per tutto il prossimo anno”.

Gabriele Crispo

Sono Gabriele Crispo, ho 30 anni e sono laureato in giurisprudenza. Ho conseguito un master in giornalismo alla Eidos Communication e svolto per un periodo la pratica forense.