Uilm, Gianluca Ficco"Nel Pnrr poche risorse al settore automotive"

Per il sindacalista la svolta green farà perdere posti di lavoro

Gianluca Ficco, dirigente nazionale di Uilm, Unione italiana lavoratori metalmeccanici, a Lumsanews spiega che il passaggio all’elettrico “assorbe meno manodopera”. Aggiungendo che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, Pnnr, sarebbe necessario destinare miliardi alla trasformazione del comparto industriale dell’automotive.

Cosa sta succedendo nel mondo dell’automotive italiano?

“Sono attivi due ordini di tavoli nel settore. I tavoli sull’automotive su nodi strutturali e politiche industriali, che però finora hanno prodotto poco, e quelli sulle singole crisi aziendali. Nuovi, come ad esempio Gkn di Campi di Bisenzio, e quelli che vengono dal passato, come il caso Termini Imerese o anche Bosch di Bari da riattivare. Per l’industria automobilistica italiana l’elettrificazione generalizzata purtroppo è foriera di problemi. La trazione industriale italiana è infatti legata al comparto meccanico, che è destinato a perdere posti di lavoro nel suo complesso in seguito all’elettrificazione”.

Per i lavoratori cosa comporterebbe una transizione all’elettrico?

“L’auto elettrica ha meno componenti e comunque richiede meno manodopera. Come sottolineato dall’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, Anfia, per produrre un veicolo elettrico serve circa il 30% di lavoro in meno”.

I maggiori guadagni derivanti dai prezzi più alti delle autovetture elettriche e dal risparmio sulla manodopera dove finiscono? 

“Il valore aggiunto che non va alla manodopera va in batterie, componenti elettroniche e in altri beni che noi attualmente importiamo. Questo è importante dal punto di vista economico, perché dovremo adeguare la nostra produzione al nuovo mercato. Per le industrie, altrimenti, vorrebbe dire importare materie e componenti da altri paesi. Cosa che facciamo già, ma che con l’elettrico costerebbe di più, in quanto i prodotti che servono hanno un prezzo maggiore. L’elettrico ci rende ancora più dipendenti dall’estero e dall’Asia. In questo discorso rientra anche il settore dei veicoli a guida autonoma, che a sua volta valorizza l’aspetto software ed elettronico. Noi però siamo tradizionalmente una filiera meccanica”.

La tradizione meccanica conterà sul mercato?

“Conterà meno, ma vanno preservate le eccellenze e andrà favorita la riconversione alla luce delle nuove tecnologie. Si deve aiutare la filiera produttiva a trasformarsi insieme a una realtà che si sta già trasformando in maniera radicale”.

Quali sono le ragioni della crisi nell’automotive?

“Il vero problema, che rischia di diventare un detonatore, è la carenza di microchip, una carenza congiunturale che sta durando da molto tempo e che non è solo italiana, ma almeno europea”.

E Stellantis?

“Sicuramente non si può non fare riferimento alla fusione di PSA e FCA. Era stato detto che l’accordo tra governo e Stellantis sulla gigafactory da costruire a Termoli era vicino. Ma questo accordo ancora non è stato trovato, mentre in Francia e Germania si è già deciso tutto. È ora di farlo anche in Italia”.

Giorgetti sembra rallentare sull’elettrico. Cosa chiedete al governo?

“Di intervenire sulla filiera. L’Italia in passato poteva dire la sua in Europa. Andare verso l’elettrificazione in maniera meno precipitosa e più ragionata, ma non lo ha fatto. Ben venga un ripensamento. Se però il ripensamento tardivo è solo un modo per fermarsi, ci troveremmo dinanzi un alibi fatale. Inoltre abbiamo chiesto di varare un ammortizzatore sociale specifico per affrontare la crisi dei microchip”.

Cosa deve esserci nel Pnrr? 

“Nel Pnrr deve esserci la salvaguardia e il rilancio del settore auto. Se si parla di spendere i soldi nell’industria con la green economy non si può tralasciare la riconversione del settore dell’auto, che è il primo settore industriale italiano”.

I fondi stanziati nel Piano sono sufficienti?

“La cifra stanziata è irrisoria, servono investimenti di miliardi e non di milioni. L’automotive richiede investimenti spaventosamente grandi per poter ammodernare i complessi industriali. È un’industria ad altissima concentrazione di capitali. Non si possono stanziare briciole”.

E gli incentivi?

“Gli incentivi devono guardare agli interessi dell’industria. I tagli alle emissioni richiesti dall’Ue hanno costretto le case automobilistiche a vendere l’elettrico. Se l’Ue richiede un certo target di emissioni gli incentivi devono riguardare quei veicoli che hanno quel target. E devono essere strutturali e dunque pluriennali”.

Gabriele Crispo

Sono Gabriele Crispo, ho 30 anni e sono laureato in giurisprudenza. Ho conseguito un master in giornalismo alla Eidos Communication e svolto per un periodo la pratica forense.