HomeEconomia Cos’è davvero il Mes: la riforma del trattato Ue che fa discutere la politica

Cos'è il Fondo Salva-stati
la riforma del trattato Ue
che fa discutere la politica

I punti positivi e quelli più discussi

del nuovo Meccanismo di stabilità

di Giacomo Andreoli29 Novembre 2019
29 Novembre 2019

Sono quasi due settimane, oramai, che il dibattito politico italiano è monopolizzato dalla questione del Fondo Salva-stati, il cosiddetto Mes. La riforma infiamma gli animi di maggioranza e opposizione. Ma cosa prevedono gli emendamenti al trattato Ue in discussione tra i 19 paesi dell’Eurozona? E quali sono i punti più discussi?

IL MES COME EVOLUZIONE DEL FONDO SALVA-STATI

Il Meccanismo europeo di Stabilità è un’organizzazione intergovernativa dei 19 paesi dell’Eurozona, nata nel 2012 con il compito di aiutare, su loro richiesta, i paesi in difficoltà economica che non riescono a reperire fondi sul mercato finanziario. Si tratta infatti di un’evoluzione del Fondo europeo di Stabilità finanziaria, famoso per essere intervenuto con una serie di prestiti e sotto il coordinamento della cosiddetta Troika (insieme di Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo monetario internazionale) nel 2010 per affrontare la crisi della Grecia.

Il Mes viene finanziato da tutti e 19 i paesi: ha una dotazione di 80 miliardi di euro, con la Germania che è primo contributore con 22 miliardi e l’Italia che ne ha messi 14. Emettendo titoli con la garanzia degli Stati che vi aderiscono, però, il Mes può raccogliere sui mercati finanziari fino a 700 miliardi di euro. Al momento può prestare soldi secondo due linee: la linea di credito condizionale precauzionale (PCCL) e la linea di credito soggetta a condizioni rafforzate (ECCL). La prima finanzia i paesi che l’organizzazione ritiene solidi economicamente e che accettano determinate condizioni fissate in un Memorandum d’Intesa “soft” (deficit e debito sotto controllo, facilità a finanziarsi sui mercati negli anni precedenti e l’assenza di problemi di solvenza del sistema bancari). La seconda finanzia chi è “solido economicamente”, ma non rispetta quelle condizioni. In questo caso è obbligatoria la firma di un Memorandum d’Intesa “strong” che impone “misure correttive (d’austerità – ndr) tali da evitare problemi futuri per l’accesso al finanziamento sul mercato”.

COME LA RIFORMA CAMBIA LA DUE LINEE DI CREDITO

La riforma in discussione da un anno prevede l’eliminazione del Memorandum d’Intesa “soft”. Potranno accedere alla PCCL i paesi che rispettano il Patto di Stabilità (con un rapporto deficit/Pil sotto il 3% e con quello debito/Pil entro il 60% o tendente a questo obiettivo con una riduzione annua di almeno 1/20), limitandosi a firmare una dichiarazione di intenti per continuare a rispettare quel trattato. Il Memorandum d’Intesa “strong” dovrebbe essere reso invece meno restrittivo, ma sostanzialmente la ECCL non cambierebbe. In generale si tratta quindi di modifiche leggermente migliorative rispetto all’esistente.

IL PROBLEMA DELLA RISTRUTTURAZIONE

Ma se il board del Mes (in cui è presente anche l’Italia) non ritenesse sostenibili i debiti dei paesi, potrebbe richiedere una ristrutturazione degli stessi come condizione obbligatoria per accedere al prestito, valutando il da farsi con la Commissione europea. Questo scenario potrebbe essere allarmante perché una ristrutturazione significa che lo Stato in questione non ripaga più tutti i suoi debiti ai creditori. Per questo l’Associazione bancaria italiana ha spiegato che le nostre banche (che detengono il 50% del debito italiano) potrebbero smettere subito di acquistare i titoli di Stato, spaventate dalla possibilità che ci sia una crisi e quindi la ristrutturazione. In generale, poi, ci potrebbe essere un ricatto speculativo: o l’Italia alza i tassi di interesse, facendo pagare a tutti i cittadini miliardi in più ogni anno, o i privati non comprano più i titoli, sempre per la stessa paura. Intorno a questo girano le accuse al governo di tradimento da parte di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Sia l’attuale ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che il precedente Giovanni Tria hanno spiegato che qualsiasi meccanismo di ristrutturazione automatica, proposto dagli Stati europei del Nord, è stato eliminato a giugno dalla bozza di riforma. Rimarrebbe quindi la discrezionalità nel valutare la sostenibilità del debito del Mes e della Commissione, con questa (organo politico disposto al dialogo) che avrebbe l’ultima parola. Anche se le decisioni del Mes, per diventare esecutive, vanno prese dalla maggioranza dell’85% degli azionisti del board. E il nostro Paese, con il suo 17% di quote, è oggi capace di bloccare da solo le decisioni discrezionali. Non è affatto escluso, però, che la ristrutturazione possa essere inserita come estrema ratio nel Memorandum d’Intesa “strong”, obbligatorio (d’altronde nel trattato sul Mes è già scritto che in casi eccezionali ci può essere “un coinvolgimento dei privati in maniera adeguata e proporzionata”). Questo potrebbe quindi riguardare l’Italia, che in caso di crisi non riuscirebbe probabilmente ad accedere al PCCL, perché non rispetta a pieno il Patto di Stabilità. Finché non si avrà il testo definitivo della riforma non è dato saperlo.

Sicuramente, però, la riforma rende più facile il meccanismo di attuazione della ristrutturazione. Infatti vengono modificate le Clausole di azione collettiva (Cac), che consentono ai Paesi dell’eurozona di rinegoziare i termini dei titoli di Stato, in particolare interessi e scadenze. Finora per modificare i termini era richiesta l’approvazione della maggioranza dei detentori dei titoli del debito non solo in totale, ma anche in ogni singola sottocategoria dei titoli stessi. Ora questa seconda maggioranza verrebbe eliminata.

UN MECCANISMO “SALVA-BANCHE TEDESCHE”?

Altra parte della riforma in discussione è un nuovo legame tra il Mes e il Fondo di risoluzione unico (Fsr), finanziato dalle banche dei 19 Stati dell’Eurozona con l’obiettivo di risolvere le crisi bancarie. Se questo Fondo esaurirà i fondi a disposizione il Mes potrà prestare fino a 55 miliardi di euro per salvare gli istituti bancari. Il meccanismo dovrebbe entrare in vigore entro il 2024.

Questo ha portato Matteo Salvini a dire che il Mes è un “fondo salva-banche tedesche”. Infatti tra gli Istituti bancari europei più in difficoltà, ultimamente, c’è la Deutsche Bank, che solo due giorni fa ha venduto 50 miliardi di titoli tossici (è solo ultima di una serie di misure per ristrutturare il suo debito). Ma il nuovo legame Mes-Fsr riguarderebbe potenzialmente tutte le banche del Continente, anche quelle italiane.

CONCLUSIONE: TUTTO ANCORA IN DISCUSSIONE

In conclusione bisogna ricordare che il testo definitivo della riforma arriverà a metà dicembre, quando si terrà una riunione del Consiglio europeo (insieme dei premier dei paesi Ue). Se non c’è un ok all’unanimità la questione dovrà essere rinviata. Se invece il testo verrà firmato dovrà poi essere discusso e ratificato nei 19 Parlamenti nazionali dell’Eurozona. Senza la ratifica di anche uno solo dei Parlamenti il trattato sul Mes non può essere modificato.

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