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Il giallo di Via Poma: oggi la sentenza della Cassazione

di Corinna Spirito26 Febbraio 2014
26 Febbraio 2014

delitto-via-pomaPotrebbe essere scritta oggi la parola “fine” al delitto di Via Poma 2, ormai da ventiquattro anni senza un colpevole. È al momento in corso, in Cassazione, la discussione del processo che vede Raniero Busco unico indagato per l’omicidio di Simonetta Cesaroni, con cui era sentimentalmente legato all’epoca dell’omicidio. L’uomo, però, non è presente in aula per la prima volta dal 2010, quando, vent’anni dopo il delitto, per lui è iniziato il calvario di tribunali e sentenze: riconosciuto colpevole e condannato a ventiquattro anni di reclusione nel 2011, fu poi assolto l’anno seguente nel processo di secondo grado per “non aver commesso il fatto”. Busco sarà a casa, insieme alla moglie e ai figli, quando oggi la Cassazione confermerà o meno la sentenza dell’appello.

Tra poche ore, dunque, il giallo del delitto di Via Poma potrebbe dirsi definitivamente chiuso a quasi ventiquattro anni di distanza dal brutale omicidio della ventunenne Simonetta Cesaroni. Fu la sorella Paola a trovare il suo corpo senza vita, martoriato da 29 coltellate, la sera del 7 agosto 1990 dopo che, non vedendola tornare a casa dal lavoro, si era recata con il suo fidanzato e il datore di lavoro di Simonetta, in ufficio. Fu lì, tra le 17.30 e le 18.30, che qualcuno uccise la giovane romana con un tagliacarte, ma il volto del possibile omicida è cambiato tante volte nel corso degli anni.

Dapprima i sospetti caddero su Pietrino Vanacore, uno dei portieri del palazzo, e su Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare Valle, residente in via Poma 2: entrambi vennero poi prosciolti dalle accuse per mancanza di prove.

Solo nel 2007 emerse che alcune delle tracce trovate sul reggiseno e il corpetto di Simona Cesaroni corrispondessero al DNA di Raniero Busco, fidanzato della vittima all’epoca del delitto, che ormai da anni aveva voltato pagina e conduceva una vita normale accanto alla moglie Roberta e i loro due figli.

Ciò su cui la decisione finale della Cassazione non potrà far luce sono probabilmente i tanti punti poco chiari emersi nel corso di questi ventiquattro anni e sui misteri di quell’inspiegabile omicidio efferato, rimasto a oggi privo di movente. Uno su tutti il suicidio del portiere Vanacore, tre giorni prima dell’udienza del 2010, in cui Raniero Busco compariva come unico indagato e durante la quale avrebbe dovuto nuovamente deporre.

Corinna Spirito

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